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mercoledì 25 luglio 2012

Condannato per diffamazione e violazione privacy per aver rivelato l'omosessualità altrui

 

Discriminazioni: condannato per diffamazione e violazione della privacy per aver rivelato l'omosessualità altrui

 

È assolutamente condivisibile, per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", sotto il profilo della esigenza di sanzionare chi rivela dati riguardanti la sfera sessuale di ogni cittadino, la sentenza n. 30369 del 24 luglio 2012 della Cassazione Penale che ha accolto il ricorso di un cittadino che aveva visto sbattuto in prima pagina il tradimento con un collega, condannando per diffamazione e violazione della privacy il giornalista che aveva provveduto a pubblicare la notizia.

Gli ermellini, hanno così ribaltato la sentenza della corte d'appello che aveva escluso la punibilità del giornalista in quanto la motivazione del provvedimento impugnato si rilevava incoerente con le norme sulla diffamazione in relazione all'esclusione dei presupposti della lesione del menzionato diritto, tutelato dal nostro ordinamento.

 Lecce, 24 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

                                                                                                  Giovanni D'AGATA



domenica 22 luglio 2012

Il Manifesto del Contribuente

IL MANIFESTO DEL CONTRIBUENTE
– L'illegittima alternativa: pagare o conciliare –
Premessa.
A seguito delle numerose modifiche amministrative e giudiziali – deficitarie ed inefficaci, a parere degli scriventi –  operate nel settore tributario, appaiono evidenti i continui intenti limitativi del diritto di difesa dei contribuenti, che vengono messi costantemente innanzi ad un illegittimo bivio: pagare o conciliare.
A questa filosofia astringente e persecutoria, soggiacciono ormai la gran parte dei contribuenti onesti, che si vedono raggiunti da atti degli uffici dell'Amministrazione finanziaria recanti, in buona parte, pretese erariali illegittime e prive di fondamento.
Il tessuto economico-finanziario del Paese si presenta, ormai, con una grossa nube sovrastante che prende il nome di "lotta all'evasione fiscale".
In questo contesto, spesso terroristico e poco rassicurante per la molteplicità dei contribuenti, non si può prescindere, in prim'acchito, dal fornire alla moltitudine una precisa definizione del concetto di "evasione fiscale"; non di rado, infatti, capita di essere additati come "evasori", per il solo fatto, ad esempio, di aver ricevuto una cartella di pagamento (spesso illegittima nell'an e nel quantum).
Nelle righe che seguono, si cerca di fare chiarezza sulla manifestazione del diritto di difesa dei contribuenti, garantita costituzionalmente, ma ormai lesa e limitata dalle numerose novità legislative, che seminano solo confusione normativa ed evidenti disparità operative tra fisco e contribuenti.
Il comune denominatore, dunque, è la lotta all'evasione, che si profila come presupposto di base ai fini dell'attuazione dei principi cardini delle norme tributarie vigenti, delle leggi costituzionali, oltre che come unica garanzia di civiltà e convivenza; è giusto combattere l'evasione fiscale, ma, allo stesso tempo, bisogna consentire una corretta e piena difesa dei contribuenti, senza limitazioni giuridiche e sostanziali.
Il contribuente onesto deve, come  garantito dalla Costituzione – art. 111 –  potersi difendere con gli strumenti predisposti a garanzia dei suoi diritti, senza essere costretto ad operare scelte radicali prive di fondamento alcuno.

1.       Modifiche organizzative: D. L. 27 giugno 2012, n. 87, art. 4, comma 6. – – recante "misure urgenti in materia di efficientamento, valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, di razionalizzazione dell'amministrazione economico-finanziaria, nonché misure di rafforzamento del patrimonio delle imprese del settore bancario." –

La modifica varata dal D.L. 27 giugno 2012, n. 87 – recante "misure urgenti in materia di efficientamento(!!), valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, di razionalizzazione dell'amministrazione economico – finanziaria, nonché misure di rafforzamento del patrimonio delle imprese del settore bancario" – prevede, all'art. 4, comma 6, che: " a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la direzione della giustizia tributaria e la direzione comunicazione istituzionale della fiscalità sono trasferite, con il relativo assetto organizzativo e gli attuali titolari, al dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi. La direzione comunicazione istituzionale della fiscalità assume la denominazione di direzione comunicazione istituzionale e svolge propri compiti con riferimento a tutti i compiti istituzionali del Ministero. Il dipartimento delle finanze, direzione legislazione tributaria, esercita le competenze in materia di normativa, monitoraggio e analisi del contenzioso tributario; il predetto dipartimento continua inoltre ad esercitare le competenze in materia di coordinamento della comunicazione relativa alle entrate tributarie e alla normativa fiscale". 
Il successivo art. 12 prevede che: " il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge".
In buona sostanza, stando al tenore della norma, tutto il personale amministrativo delle commissioni tributarie provinciali e regionali passerà dal Dipartimento delle finanze al "Dag" – Dipartimento amministrazione generale del ministero dell'economia – , una struttura che non ha niente in comune con la Direzione di giustizia tributaria, in cui i funzionari hanno costruito la storia degli uffici, incentrando in modo univoco le proprie competenze da monomandatari della giustizia tributaria.
Il processo di riforma in corso, che sembra voler assumere la struttura del TAR, denota un declassamento del settore tributario, che si vede ora accorpato ad un organismo – il Dag – che non ha mai avuto cognizione alcuna di tutto ciò che si è svolto nelle direzioni tributarie.
L'evidente intento di sminuire l'importanza della giustizia tributaria, contribuisce inevitabilmente ad un declassamento improvviso: ogni ruolo, ogni compito, ogni mansione sarà filtrato dal Ministero dell'economia, con la sola ed unica conseguenza di destrutturare, organicamente e proceduralmente, ogni esigenza, ogni funzione ed ogni significato ad una categoria, come quella tributaria, che svolge un ruolo fondamentale nella lotta all'evasione.
Il personale delle commissioni tributarie, ovviamente, ha sollevato notevoli polemiche a riguardo, anche alla luce del fatto che ad opera del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modif. dalla L. 15 luglio 2011 n.111, art. 37, comma 6 , è stato introdotto nel processo tributario, in un'ottica di regolamentazione delle spese di giustizia e, quindi, di efficienza del sistema giudiziario, il contributo unificato, unica fonte di sovvenzionamento della giustizia che "lotta contro l'evasione".
Questa è l'esatta dimostrazione del fatto che , sia da un punto di vista organizzativo, che da un punto di vista gestionale, il MEF intende sminuire il valore e l'importanza della giustizia tributaria, affinché il processo di ridimensionamento delle commissioni tributarie sia predisposto e asservito sempre più al MEF stesso.
Appare, dunque, opportuno ricordare che il MEF è parte attiva del processo tributario; viene da sé, così, la palese violazione dei principi di terzietà e di imparzialità, garantiti dalla Costituzione e puntualmente violati dal "contraente più forte".
Dirigere il Df nel Dag, significherebbe connotare di legalità il conflitto di interessi già esistente tra il fisco come parte processuale, che allo stesso tempo si troverebbe ad essere l'organizzatore della giustizia tributaria.
Non è dato sapere quale connotazione giuridica, oltre che costituzionale, possa appartenere, in re ipsa, ad una "riorganizzazione" di questo genere, ma sarebbe auspicabile che la giustizia tributaria fosse gestita da un organo terzo, imparziale, estraneo ai fatti di causa, oltre che giusto, quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri o il Ministero della Giustizia.
Infatti, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, il Giudice, per essere terzo ed imparziale deve anche "apparire tale", cioè non dipendere gerarchicamente da una delle parti in causa, com'è nell'attuale normativa.

2.      Modifiche procedurali – accertamento esecutivo, mediazione fiscale obbligatoria, precedenti conformi ai fini del ricorso per cassazione – .
Nel corso del 2011 e del 2012 ci sono stati numerosi interventi legislativi che hanno prodotto, e continuano a produrre, soltanto delle limitazioni al diritto di difesa dei contribuenti, creando non pochi problemi – spesso di impraticabile risoluzione – soprattutto nella fase relativa alla riscossione delle imposte.
In particolare, i nuovi istituti introdotti sono:
·        Accertamento esecutivo: introdotto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78 - coordinato con la legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122, art. 29; successivamente modificato (ovvero posticipato al 1 luglio 2011) dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 30, comma 2;
·        Reclamo e mediazione obbligatoria: disciplinato dall'art. 17 bis D. Lgs. 546/92,  introdotto dal D.L. n. 98 del 06.07.2011 – convertito con modificazioni  in L. n. 111 del 15.07.2011,  pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 16 luglio 2011  (manovra economica 2012-2014)– , art.. 39 commi 9 – 10 – 11;
·        Inammissibilità del ricorso per Cassazione: disciplinato dall'art. 360 bis c.p.c., introdotto dalla L. 18.06.2009, n. 69, art. 47.

a.      Accertamento esecutivo
Il D.L. 31.5.2010, n. 78, c.d. "Manovra correttiva 2010", convertito dalla Legge 30.7.2010 n. 122 ha introdotto "misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica".
In particolare, l'art. 29 del citato Decreto, rubricato "Concentrazione della riscossione nell'accertamento", in un'ottica di "potenziamento" dell'attività di riscossione ha stabilito che a decorrere dagli atti notificati:
-   a partire dall'1.7.2011 (termine successivamente prorogato al 01.10.2011);
-   relativi ai periodi d'imposta in corso al 31.12.2007 e successivi;
gli avvisi di accertamento per II.DD. ed IVA emessi dall'Agenzia delle entrate ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni dovranno contenere l'intimazione al pagamento entro il termine di presentazione del ricorso.
A seguito di tali modifiche la disciplina in esame prevede, ora, che:
-  gli avvisi di accertamento emessi dall'Ufficio sono esecutivi trascorsi 60 giorni dalla notifica.
In particolare, si evidenzia che, per effetto della predetta Manovra, la nuova disciplina consentirà all'Ufficio di avviare, con una maggior rapidità, le procedure di riscossione; infatti, gli atti notificati, a partire dall'1.10.2011, oltre alla quantificazione della pretesa impositiva, devono altresì contenere l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento:
-         degli importi negli stessi indicati entro il termine per la presentazione del ricorso ( sessanta giorni dalla notifica dell'avviso di accertamento); ovvero
-         degli importi dovuti a titolo provvisorio ai sensi dell'art. 15 del D.P.R. n. 602/1973 (i.e. un terzo delle imposte corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati e dei relativi interessi) in caso di tempestiva impugnazione dell'atto.
Di non poca importanza i disagi recati dalle modifiche relative alla nuova procedura di riscossione; i contribuenti, in ogni caso, alla scadenza del primo termine previsto, dovranno comunque pagare all'erario una parte delle maggiori imposte.
Si pensi a tutti i casi in cui le pretese avanzate dall'Ufficio siano totalmente infondate e illegittime; anche in questi casi, il contribuente non avrà nessuna garanzia a fronte dell'illegittimità degli atti a lui notificati, se non quella di proporre ricorso avverso la competente commissione, e contestualmente pagare!
In più, al ravvisarsi di condizioni di "pericolo per la riscossione", l'agente potrà finanche procedere con l'espropriazione forzata, fomentando, a parere della scrivente, una sorta di traslochi di beni mobiliari e immobiliari dai titolari degli stessi a contribuenti occulti al fisco. Infatti, proprio nella lotta all'evasione, è emerso ultimamente che una vasta gamma di contribuenti sono sconosciuti al Fisco, nonostante siano proprietari di beni di lusso di ogni categoria, ovviamente al netto di qualsivoglia impiego lavorativo produttivo di reddito.
L'esecutività degli accertamenti, pone sì una più celere ristrutturazione del debito pubblico, ma favorisce, allo stesso tempo l'occultazione di una grossa fetta di redditi, incrementando così i redditi "evasi", in contrasto con chi le imposte le ha sempre pagate.
b.      Reclamo e mediazione obbligatoria
Con il D.L. n. 98 del 06.07.2011 – convertito con modificazioni  in L. n. 111 del 15.07.2011,  pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 16 luglio 2011  (manovra economica 2012-2014)– , è introdotto, dall'art. 39, commi 9 – 10 – 11, l'art. 17 bis D. Lgs. 546/92 (recante disposizioni in materia di processo tributario), rubricato "il reclamo e la mediazione".
La relazione di accompagnamento al disegno di legge lo identifica come un  rimedio amministrativo per deflazionare il contenzioso relativo ad atti di valore non elevato, emessi dall'Agenzia delle entrate" e notificati ai contribuenti a partire dalla data del 1° aprile 2012.
Le perplessità dell'istituto sono molteplici.
Al di là del contesto economico attuale del Paese, non sembra che la disciplina in esame ponga un reale beneficio deflativo agli "eccessi giudiziali".
Sicuramente possiamo ritenerlo un filtro, stante le determinate caratteristiche ed i presupposti applicativi che richiede la procedura, ma, come sempre, nelle novità legislative, l'Ufficio non pone il contribuente nelle condizioni di poter usufruire a pieno dei propri diritti di difesa, senza contare le lacune normative a corredo della norma introdotta, facente funzione amministrativa – preprocessuale.
Anche in questo caso, emerge una violazione costituzionale dei principi di cui all'art. 111; la titolarità delle competenze di risoluzione delle controversie in materia di reclamo è affidata ad un organo distaccato dagli uffici da cui promanano gli atti impositivi, rubricati "uffici legali", ma figli della stessa madre, l'Agenzia delle entrate!
Non v'è incertezza alcuna, siamo dinnanzi, ancora una volta, ad una gravissima incongruenza normativa, produttiva di effetti devastanti sulla molteplicità dei contribuenti, appellati, per giunta "evasori"!
Il conflitto di interessi intercorrente tra l'ufficio mittente e l'ufficio mediatore è lapalissiano, lesivo dei diritti costituzionalmente garantiti ed altamente vessatorio.
Inoltre, non si comprende in quale sfaccettatura possa inserirsi l'introduzione di un filtro di natura amministrativa pre-processuale nella famigerata lotta all'evasione, soprattutto alla luce di uno dei presupposti applicativi dell'istituto: "per le controversie di valore non superiore ai ventimila euro…".
Senza contare, poi, che "la proposizione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso" – comma 2, art. 17.
In sostanza, ci si chiede dove siano andati a finire i principi di buona fede, collaborazione, affidamento, principi garantiti costituzionalmente, ma costantemente disattesi nel ramo tributario, nonostante la materia del contendere si basi su diritti indisponibili, sulla capacità contributiva dei soggetti ricorrenti e sul potere, ormai sempre più esteso, del contraente più forte: il fisco.
Ad oggi, non abbiamo ancora dei benefici relativi all'introduzione del reclamo obbligatorio e sicuramente non riuscirà difficile immaginare che la lotta all'evasione non poggerà le sue radici risolutive su questo istituto.
c.      Inammissibilità del ricorso per Cassazione
A seguito della riforma al codice di procedura civile, operata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, ed in virtù del rinvio contenuto nell'art. 1 del D. Lgs. 546/92, è stato introdotto l'art. 360 bis c.p.c., il quale prevede, al comma 1, un motivo di inammissibilità del ricorso ovvero quando "il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa".
Questo significa che sarà rigettato il ricorso contro una decisione conforme all'orientamento della Cassazione. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate per la prima volta in ordine all'interpretazione dell'art. 360 bis, n. 1, c.p.c., enunciando il seguente principio di diritto: "La Corte rigetta il ricorso, perché manifestamente infondato, se, al momento in cui pronuncia, la decisione di merito si presenta conforme alla propria giurisprudenza e il ricorso non prospetta argomenti per modificarla (Cass., SS.UU., Ord. 6 settembre 2010, n. 19051).
In un'ottica di deflazione del contenzioso, potrebbe dirsi anche efficiente la norma inserita, ma non bisogna mai dimenticare la funzione fondamentale nomofilattica della Corte di Cassazione; il controllo di legittimità operato dalla stessa testimonia come, seppur in presenza di fattispecie analoghe, l'errore di applicazione della norma è sempre in agguato, a prescindere dall'orientamento conforme o meno.
Anche in questo caso, è violato il diritto di difesa del contribuente, per giunta con la sanzione più invalidante: l'inammissibilità.

3.      Proposte di modifica legislativa.
Alla luce di quanto esposto e documentato, anche in vista della prossima riforma fiscale, risulta assolutamente necessaria una riforma del processo tributario nel rispetto dell'art. 111 della Costituzione (in tema di condizioni di parità delle parti e di imparzialità del giudice, estraneo ai fatti di causa) e dell'art. 24 della Costituzione (in relazione all'inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo).
Il contribuente deve essere posto sullo stesso piano processuale del fisco, al fine di poter verificare le condizioni costituzionali degli articoli citati; deve poter esercitare tutti i poteri istruttori e difensivi, senza alcuna limitazione (tantomeno "legalizzata").
Legalizzare le restrizioni dei principi costituzionali a difesa dei contribuenti è la prima delle cause dell'evasione fiscale; i controlli ed i poteri del fisco diventano sempre più pressanti, gli strumenti predisposti al fine di verificare le incongruenze normative fiscali aumentano sempre più, ed in tale ottica è opportuno ampliare anche gli strumenti di difesa dei contribuenti, e non cercare di limitare gli unici mezzi di difesa, attualmente a disposizione, in funzione di una caccia alle streghe senza fine e senza risultati.
In definitiva, de iure condendo, dopo aver completamente abrogato gli istituti relativi all'accertamento esecutivo, al reclamo obbligatorio ed ai profili di inammissibilità del ricorso per Cassazione – come espressi nei paragrafi precedenti – il nuovo processo tributario si deve preoccupare di rispettare i seguenti principi:
§  il processo non deve essere più gestito dal MEF, che ricordiamo è parte processuale come il contribuente, ma deve essere gestito da un organo terzo e imparziale, come la Presidenza del Consiglio dei ministri o il Ministero della Giustizia;
§  i giudici devono essere "a tempo pieno", professionali, specializzati nella materia tributaria e devono ricevere compensi dignitosi e congrui all'attività che svolgono, parificati a quelli dei giudici ordinari (ricordiamo che il MEF corrisponde ai giudici tributari la somma di € 25,00 a sentenza depositata e nulla corrisponde per le ordinanze di sospensione –  ad oggi, non è ancora stato corrisposto il compenso per il II semestre 2011! – );
§  questo provoca una palese ed inequivocabile mortificazione per il delicato ed importante ruolo svolto dai giudici tributari, circostanza di cui si dovrebbe assolutamente ed immediatamente interromperne gli effetti;
§  i conferimenti di incarichi ai giudici devono avvenire per concorso pubblico (in primo grado il giudice deve essere monocratico ed in secondo grado collegiale);
§  non vi devono assolutamente essere limiti nella fase istruttoria della difesa, motivo per cui, in corrispondenza di quanto sancito dalla Costituzione, oltre che in pieno rispetto alle norme del codice di procedura civile applicabili al processo tributario, devono essere ammesse la testimonianza ed il giuramento;
§  le ordinanze di sospensione devono potersi impugnare nel grado di appello, sia in caso di accoglimento che in caso di rigetto, corredate dalle opportune e congrue motivazioni;
§  deve essere consentita, in appello, la sospensione della sentenza di primo grado;
§  in appello, dev'essere consentita la conciliazione giudiziale, ovviamente, con una diversa gradazione delle sanzioni applicabili;
§  le sentenze, ove non sospese, devono avere efficacia esecutiva immediata sia per quanto riguarda i rimborsi sia per le spese di giudizio;
§  ai giudici tributari deve essere concessa la facoltà di decidere secondo equità;
§  tra gli atti impugnabili – ex art. 19 D. Lgs 546/92 –  deve essere inserito anche il diniego di autotutela, sia tacito che espresso;
§  i giudici tributari devono poter decidere, sulla base delle loro valutazioni di merito, anche relativamente ai risarcimenti conseguenti ad atti illegittimamente notificati, purchè il contribuente ne dia opportuna e documentata prova.

Conclusioni.
La riforma fiscale in cantiere deve tenere conto delle grosse lacune oggi presenti nel percorso processuale – tributario, adoperandosi per una urgente e necessaria riforma del processo tributario; perché, se è giusto e corretto combattere l'evasione fiscale, dev'essere altrettanto giusto e corretto, nonchè costituzionalmente legittimo, concedere la facoltà (attualmente garantita dalla Costituzione, almeno sulla carta) al contribuente onesto, di difendersi al cospetto di un giudice terzo ed imparziale, oltre che competente, senza soggiacere a nessun tipo di limitazione istruttoria o a nessun declassamento difensivo.
Nessun contribuente deve essere costretto a seguire questo illogico ed illegittimo bivio : pagare o conciliare!
Infine, è auspicabile che il presente "manifesto del contribuente" sia sottoscritto da tutti i cittadini - contribuenti, dai professionisti, dagli ordini professionali, al fine di sensibilizzare il Parlamento ad emanare la riforma tributaria, come delineato nelle note precedenti.
Combattere l'evasione è possibile, solo dopo aver ritrovato un dialogo paritario con il fisco, soprattutto in fase processuale.


Lecce, 20 luglio 2012     Avv. Maurizio Villani  Avv. Francesca Giorgia Romana Sannicandro



AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
PATROCINANTE IN CASSAZIONE






Contribuenti. Critica Riforma Giustizia Tributaria. Importanti proposte di modifica

Il manifesto del contribuente dopo le inique modifiche legislative che pongono il cittadino di fronte a due inesorabili scelte: pagare o conciliare a cura del noto tributarista avvocato Maurizio Villani e dell'avvocato Francesca Giorgia Romana Sannicandro

Le recenti modifiche legislative in tema di procedure e giustizia tributaria a partire dal declassamento della stessa, all'introduzione accertamento esecutivo, della mediazione fiscale obbligatoria e dell'inammissibilità del ricorso per cassazione in caso di precedenti conformi ai fini del ricorso, sia a detta degli operatori, ma anche degli stessi cittadini che si trovano a dover essere costretti a difendersi, hanno modificato in peius le procedure a difesa del contribuente onesto sia in campo amministrativo che giudiziale.
Se siamo tutti convinti che è giusta e sacrosanta la lotta all'evasione fiscale, ma, allo stesso tempo, bisogna consentire una corretta e piena difesa dei contribuenti, senza limitazioni giuridiche e sostanziali, cosa che le novità normative introdotte hanno notevolmente peggiorato.
Così Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti", non poteva esimersi dal pubblicare quello che è un vero e proprio "Manifesto del contribuente" inedito redatto dal noto tributarista avvocato Maurizio Villani e dall'avvocato Francesca Giorgia Romana Sannicandro, al fine di sensibilizzare il legislatore in sede di legge delega per la riforma tributaria, a modificare il processo tributario e mettere il contribuente sullo stesso piano processuale del fisco, senza alcuna limitazione difensiva, il tutto con una serie di proposte di riforma eque e assolutamente condivisibili.
Come hanno tenuto a precisare gli autori dell'importante documento che di seguito pubblichiamo, "La riforma fiscale in cantiere deve tenere conto delle grosse lacune oggi presenti nel percorso processuale – tributario, adoperandosi per una urgente e necessaria riforma del processo tributario; perché, se è giusto e corretto combattere l'evasione fiscale, dev'essere altrettanto giusto e corretto, nonché costituzionalmente legittimo, concedere la facoltà (attualmente garantita dalla Costituzione, almeno sulla carta) al contribuente onesto, di difendersi al cospetto di un giudice terzo ed imparziale, oltre che competente, senza soggiacere a nessun tipo di limitazione istruttoria o a nessun declassamento difensivo.
Nessun contribuente deve essere costretto a seguire questo illogico ed illegittimo bivio : pagare o conciliare!
Infine, è auspicabile che il presente "manifesto del contribuente" sia sottoscritto da tutti i cittadini - contribuenti, dai professionisti, dagli ordini professionali, al fine di sensibilizzare il Parlamento ad emanare la riforma tributaria, come delineato nelle note precedenti.
Combattere l'evasione è possibile, solo dopo aver ritrovato un dialogo paritario con il fisco, soprattutto in fase processuale."
Per tali ragioni, lo "Sportello dei Diritti", oltre a cointeressare i parlamentari che sino ad oggi si sono dimostrati vicini ai cittadini anche in tali delicata materia, a partire dal capogruppo al senato di IDV, Felice Belisario, invita tutti i cittadini, contribuenti, professionisti, ordini professionali, a sottoscriverlo per dare maggiore forza a queste proposte che potranno riportare sullo stesso piano cittadini e fisco.
Lecce, 22 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA




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Redazione del CorrieredelWeb.it


sabato 21 luglio 2012

Farmaci e alcoltest: niente condanna a chi è positivo senza verificare se ha preso medicine che alterano i risultati

Niente condanna a chi è positivo all'alcoltest senza verificare se ha preso medicine che alterano i risultati. L'imputato ha diritto ad una risposta secondo cui sull'esito della rilevazione ha inciso l'alterazione del metabolismo dovuta ai farmaci

 

 

Così ha deciso la Corte di Cassazione che ha assolto un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. Con la sentenza 28388/12, pubblicata dalla quarta sezione penale della Cassazione che Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" rende noto la Suprema Corte ha accolto, contro le conclusioni del pg, il ricorso dell'uomo trovato positivo all'alcol test ed accusato di tale reato. L'automobilista già condannato al pagamento di una multa in primo e secondo grado dal Tribunale, si è rivolto alla Suprema Corte per contestare una sanzione a suo parere ingiusta in quanto il risultato positivo all'alcol test,era da ricondurre non ad uno stato di ebbrezza ma alla patologia cronica che lo affligge: secondo l'imputato le medicine che è costretto ad assumere alterano il suo metabolismo al punto da aver inficiato i risultati dell'alcoltest. Secondo gli ermellini l'interessato ha diritto a una risposta dalla Corte d'appello, dal momento che il ricorso al giudice di seconda istanza spiega, sia pure in modo essenziale, le ragioni per cui si ritiene errata la valutazione che il giudice di prime cure ha compiuto delle prove legittimamente acquisite in dibattimento.

Sbaglia la Corte d'appello a dichiarare inammissibile il ricorso dell'imputato per «aspecificità», sostenendo che il gravame riproporrebbe in sostanza gli argomenti difensivi utilizzati in primo grado. Delle motivazioni che hanno convinto i giudici di p.zza Cavour, tutto ruota sulla ritenuta decisività della deposizione di un teste, peraltro a difesa, che in qualche modo esclude sul conto dell'imputato la possibilità di un'inconsapevole alterazione nel metabolismo derivante dall'assunzione di medicine. Pertanto, hanno continuato gli ermellini il fatto è che l'imputato contesta l'autorevolezza scientifica della dichiarazione, dal momento che lo stesso teste, per quanto soggetto qualificato, ammette di non essere esperto di alcoltest. E resta comunque fermo l'obbligo del giudice di valutare ogni circostanza pertinente e rilevante. In sede di appello, poi, il requisito della specificità del gravame deve essere valutato con meno rigore rispetto al giudizio di legittimità, date le peculiarità di quest'ultimo.

Lecce, 21 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA

 


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Redazione del CorrieredelWeb.it

giovedì 19 luglio 2012

Tar annulla concorso a dirigente scolastico

Dai giudici amministrativi della Lombardia arriva l'annullamento delle prove scritte. La direzione regionale sospende la nomina dei vincitori prevista per fine mese.


Per evitare un grave danno erariale alle casse dello Stato proprio mentre è in corso di conversione il decreto legge sulla spending review, il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, rinnova al ministro la richiesta di sospendere la nomina di tutti i presunti idonei del concorso a dirigente scolastico in attesa dell'udienza del Tar Lazio del prossimo 22 novembre che riguarda oltre 8.000 ricorrenti. Il sindacato ha denunciato l'irregolarità delle prove di preselezione in tema di correttezza dei quesiti e di gestione della procedura concorsuale e ha chiesto la rinnovazione dell'intera procedura.

Da parlamentari di diversi schieramenti sono pervenute interrogazioni sul tema. A questo punto buon senso vorrebbe di congelare la nomina dei presunti vincitori che potrebbero essere bocciati dai tribunali della Repubblica.

Lo avevamo detto più volte: questo concorso era da rifare. Speriamo che il ministro Profumo questa volta ci ascolti prima di programmare ulteriori tagli di spesa dovuti ai costi di un cattivo funzionamento della selezione dei dirigenti della scuola.

La sentenza del TAR Lombardia

La nota dell'USR Lombardia

L'articolo del Corriere della Sera (21 giugno 2012) sulle cifre del concorso DS

Semi di cannabis e materiale coltivazione, la vendita online non è reato

Rimini, 19 luglio 2012. Nuova pronunzia di un giudice di merito che esclude che la vendita online di semi di cannabis -pur in presenza anche di altri prodotti utili alla eventuale coltivazione- configuri violazione della normativa in materia di stupefacenti (art. 82 dpr 309/90).
Il Giudice Monocratico presso il Tribunale di Rovereto, con la sentenza che si evidenzia, (1) ha infatti mandato assolto un commerciante (e webmaster) che operava attraverso una pluralità di siti internet, ciascuno dei quali tra loro indipendenti ed autonomi, ponendo in vendita differenti prodotti che l'accusa, invece, riteneva tutti funzionali all'uso di sostanze stupefacenti.
Da tale supposizione di strumentalità dei singoli beni commercializzati (lampade, fertilizzanti, semi etc.), oltre che dalla presenza di indicazioni concernenti le risultanze ottenibili teoricamente, si faceva derivare l'accusa con la quale si è dato corso all'azione penale nei confronti dell'imputato.
Il Tribunale di Rovereto ha ritenuto – in modo lapidario - di potere assolvere l'imputato muovendo dalla decisione 63/2012 del 17 Gennaio 2012 Sez. IV Cassazione, classificando, infatti, le informazioni contenute nel blog e nei siti come neutre, vale a dire prive di quel carattere di esaltazione delle qualità droganti dei prodotti ricavabili, idoneo a costituire forma di istigazione.
La pronunzia viene, pertanto, a porsi come ulteriore riaffermazione del prevalente orientamento giurisprudenziale che si è venuto a formare negli ultimi anni, sia in sede di merito che di legittimità (salvo qualche rarissima voce contraria) e che ha sancito che la vendita online di semi di cannabis, anche se abbinati ad altri beni, prodotti od informazioni che possano approfondire tematiche di coltivazione, non costituiscono manifestazione di induzione od istigazione all'uso di sostanze stupefacenti.

(1) http://www.aduc.it/generale/files/file/allegati/2012/sentenza-rovereto-zaina.pdf

Carlo Alberto Zaina, avvocato e consulente legale Aduc su normativa in materia di stupefacenti

Cassazione penale: multa di 1.200 euro al nudista che prende il sole in una spiaggia frequentata da bagnanti non consenzienti

Con la sentenza 28990 del 18 luglio 2012, che Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" evidenzia, la Corte di Cassazione penale ha dichiarato inammissibile il ricorso di un nudista contro la decisione del giudice di Pace di Taormina che lo ha dichiarato colpevole di aver preso il sole nudo presso una spiaggia frequentata da molti bagnanti in costume, condannandolo al pagamento di 1.200 euro di ammenda. Questa volta gli ermellini hanno stabilito che è il carattere pubblico dello spazio che rende evidente la consapevolezza della condotta anomala. Nel caso in questione la terza sezione penale ha ritenuto infondata la tesi della difesa basata sulla convinzione del 39enne di trovarsi, vista la presenza di altri nudisti, in una zona naturalista, quindi senza coscienza e volontà di violare le norme, dato che il lido, non recintato, era notoriamente da anni frequentato anche da nudisti. Secondo gli ermellini, al riguardo, «è da escludere che la nudità integrale, a causa dell'evolversi del comune sentimento, non sia più idonea a provocare turbamento nella comunità attuale, giacché essa può essere tollerata solo nella particolare situazione di campi di nudisti, riservata a soggetti consenzienti, ma non in luoghi pubblici o aperti o esposti al pubblico, dove è percepibile da tutti, anche da bambini e da adulti non consenzienti». Poichè, essendo la spiaggia frequentata in maggioranza da bagnanti adulti e minori con costume, mentre i nudisti erano in numero ridotto e sparso, contestualmente al «carattere pubblico dello spazio e alla sua non delimitazione», dovevano far percepire al giovanotto la condotta anti-giuridica e illecita con la conseguente punibilità del reato di natura contravvenzionale. Una decisione esemplare, quindi, per cui si rischia una ammenda di 1.200 euro.

Lecce, 19 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA




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Redazione del CorrieredelWeb.it

mercoledì 18 luglio 2012

Acquisti online in UE: risoluzione dei contenziosi a costo zero in 90 gg per legge

Il commercio elettronico si sta diffondendo anche in Italia tramite realtà imponenti, come eBay ad esempio, e grazie a sistemi di pagamento ritenuti sicuri, su internet si può ormai comprare veramente di tutto ma sono ancora molte le criticità che i consumatori incontrano quando fanno un acquisto on line.

Una delle cause principali è la poca trasparenza su reclami e contenziosi. Per tutelare maggiormente chi sfrutta il canale Internet per fare acquisti, il Parlamento Europeo ha appena approvato una nuova procedura alternativa di risoluzione, che sarà più rapida, semplice e online.

Infatti martedì 10 luglio la commissione parlamentare al Mercato interno ha adottato emendamenti a rinforzo di due progetti di legge sul regolamento extragiudiziario delle controversie (ADR) e sulla risoluzione delle controversie online dei consumatori (ODR). L'obiettivo? Tutelare i consumatori europei mentre acquistano su siti internet di altri paesi.

Il regolamento extragiudiziario delle controversie (ADR) permette la risoluzione dei litigi attraverso procedure di mediazione, conciliazione o arbitrato che esistono già in molti stati membri UE. Ma la mancanza d'informazione e pratiche commerciali diverse rendono questo meccanismo poco trasparente per i consumatori. Gli eurodeputati vogliono dunque che il sistema ADR sia messo a disposizione dei consumatori gratuitamente o a un «costo simbolico», e i contenziosi dovranno essere risolti entro 90 giorni. Il testo prevede che i siti web che offrono un servizio di vendita siano obbligati a informare i consumatori sul sistema ADR e sulla maniera di contattarli.

Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" evidenzia che per quanto riguarda le transazioni transfrontaliere online, si applica la risoluzione delle controversie online dei consumatori (ODR), un servizio che permetterà di guadagnare la fiducia dei consumatori in UE.

Per i casi di litigio sugli acquisti online, è inoltre prevista una piattaforma web disponibile in tutte le lingue dell'UE. Disponibile a partire dal sito "La tua Europa", questa pagina web indicherà ai consumatori la soluzione più adatta alle loro richieste.

Lecce, 17 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA

 



domenica 8 luglio 2012

Ora reato dire ''Lei non sa chi sono io!''


 "LEI NON SA CHI SONO IO" la pronunciò Totò nel film "Totò a colori" apostrofando l'onorevole Trombetta e suscitando simpatia.

Ora può bastare per far scattare una condanna per minaccia.

È quanto afferma la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.11621/2012 spiegando che si tratta di un'espressione in grado di limitare la libertà psichica dell'interlocutore attraverso la prospettazione di un pericolo che un male ingiusto possa essere procurato alla vittima. Nel giudizio di merito Antonio G. era già stato assolto dal giudice di Pace nell'aprile 2010 dichiarando ''l'inidoneità offensiva'' della frase, al contrario della suprema Corte che la ritiene in grado di limitare la libertà psichica altrui durante una discussione.

Il giudice dichiara ''è irrilevante l'indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente''.

Tale limitazione alla libertà, secondo la Corte, costituisce elemento essenziale del reato di minaccia. Non è necessario, si legge nella sentenza, "che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest'ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire" ed è del pari irrilevante il fatto che il male minacciato sia indeterminato.

Per Giovanni D'Agata presidente e fondatore dello "Sportello dei Diritti", i giudici di piazza Cavour, accogliendo la tesi della procura, hanno anche evidenziato come una simile espressione debba essere valutata nel contesto in cui è stata pronunciata prima di poter escludere la sua valenza minatoria. Anche l'indeterminatezza del male minacciato, spiega la Corte, non può scagionare l'imputato giacché è sufficiente che questo male sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente.

Lecce, 8 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA

 



Sicurezza alimentare: le Nazioni Unite hanno approvato nuove norme

I consumatori beneficieranno di nuove regole in particolare su melamina, frutti di mare, meloni, fichi secchi ed etichettatura. Lo Sportello dei diritti propone l'istituzione di una black list delle societa' che non hanno gli standard di sicurezza alimentare


L'ONU ha approvato nuove norme sulla sicurezza alimentare, compreso il livello massimo di melamina che potrà contenere il latte liquido per neonati al fine di proteggere la salute dei consumatori in tutto il mondo. Altre misure adottate comprendono nuovi standard di sicurezza alimentare dei prodotti  a base di pesce, meloni, fichi secchi.

Inoltre nei prossimi anni si lavorera' per realizzare un meccanismo di regolamenti piu' efficaci, standard legali e aiuti tecnologici migliori e un sistema di gestione dell'industria alimentare che possa garantire standard di sicurezza piu' affidabili come le etichettatura dei prodotti alimentari.

La sicurezza alimentare diventera' anche, per la prima volta, un fattore di valutazione delle annuali performance dei governi.

Il problema più comune è la qualità del cibo che non rispetta gli standard qualitativi e di sicurezza. I prodotti legati al latte, olio alimentare, cibo stagionale e bevande non alcoliche, sono fra quelle piu' soggetti alla sofisticazione alimentare e tra quelli dove e' stata riscontrata la peggiore qualita'.

Come per la melamina che può essere letale ad alte concentrazioni e che è stata usata illegalmente per aumentare il contenuto proteico apparente nei prodotti alimentari, compresi quegli per i lattanti e nel latte in polvere. Il latte contaminato con la melamina ha causato morte e malattia nei bambini. Due anni fa, la Commissione del Codex ha adottato un livello di melamina massimo di 1 mg/kg in polvere per lattanti e di 2,5 mg/kg per altri alimenti e mangimi. La Commissione ha ora indicato un limite massimo di 0,15 mg/kg di melammina in liquido latte per lattanti.

Le aflatossine, un gruppo di micotossine prodotte da muffe, sono tossiche e sono note per essere cancerogene. Possono essere trovate in una varietà di prodotti come frutta secca, noci, spezie e cereali a livelli elevati se il prodotto non è ben conservato. La Commissione ha ora accettato un sicuro limite massimo di 10 mg/kg per i fichi secchi, insieme a informazioni dettagliate su come dovrebbe essere effettuata una campionatura di test.

Un problema di salute pubblica emergente riguarda la popolarità aumentata di fette di melone pretagliata. La polpa del frutto esposta può diventare un terreno fertile per batteri. Questo è stato collegato a life-threatening come la salmonella ed a epidemie di listeria.

La Commissione raccomanda che meloni pretagliati dovrebbero essere avvolti o confezionati e refrigerati appena possibile e distribuiti a temperature di 4⁰c o meno. Raffreddamento e stoccaggio a freddo è stato consigliato appena possibile dopo il raccolto, mentre le lame di coltello usato per tagliare dovrebbero essere disinfettate regolarmente.

L'igiene alimentare, in particolare per i molluschi, cozze e ostriche, frutti di mare sono diventate una preoccupazione per la sicurezza alimentare. La Commissione ha adottato una serie di misure igieniche preventive volte al controllo food-borne viruses. I virus sono generalmente più resistenti che i batteri e quelli trasmessi per via fecale-orale possono persistere per mesi nei molluschi bivalvi, suolo, acqua e sedimenti. Essi possono sopravvivere alla congelazione, refrigerazione, radiazioni UV e disinfezione ma sono sensibili al calore.

Comuni malattie virali tossinfezioni alimentari sono causate da norovirus e il virus dell'epatite A. La Commissione ha rilevato che il principale pericolo per la produzione di molluschi, come ostriche e cozze, è stata la contaminazione biologica delle acque in cui crescono.

Codex ha  raccomandato ai produttori di alimenti in tutto il mondo l'etichettatura nutrizionale obbligatoria contenuta sui loro prodotti per garantire che i consumatori siano più informati; La Commissione Codex Alimentarius, nell'incontro dal 2-7 luglio, è stata frequentata da 600 delegati in rappresentanza di 184 paesi oltre l'Unione europea.

Giovanni D'Agata presidente e fondatore dello "Sportello dei Diritti", per migliorare la sicurezza degli alimenti, lungo tutta la filiera propone l'istituzione di un database pubblico con la lista delle societa' che hanno superato gli standard di sicurezza alimentari e quelle che invece sono sulla black list. Oltre a  ricompense previste per i consumatori che denunciano quelle societa' che non rispettano gli standard di sicurezza alimentare, come coloro che mettono sul mercato prodotti scaduti.

Lecce, 8 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA

 



sabato 7 luglio 2012

Immigrazione: al via dlgs di recepimento normativa UE. Stop all'assunzione di clandestini e permesso di soggiorno a chi denuncia il datore di lavoro

 

Immigrazione: al via dlgs che recepisce le norme Ue.

Giro di vite da parte del Governo contro chi utilizza alle sue dipendenze stranieri senza permessi di soggiorno. E' stato approvato definitivamente il decreto legislativo che recepisce la direttiva 2009/52/CE e inasprisce le pene per chi assume manodopera clandestina. Le anticipazioni sulle previste modifiche al Testo unico dell'immigrazione del 1998, prevedono multe pecuniarie alle imprese e, a carico degli imprenditori condannati, stop a nuove iniziative economiche.

Per le sole ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo, che lo straniero che presenta denuncia o coopera nel procedimento penale possa ottenere, a talune condizioni, il rilascio di un permesso di soggiorno di durata temporanea.

Inoltre il datore di lavoro che è stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o alla sfruttamento della prostituzione, o di minori da impiegare in attività illecita, di intermediazione illecita, di sfruttamento del lavoro o di assunzione di lavoratori privi di permesso di soggiorno ovvero con permesso scaduto, non potrà poi ottenere il nulla osta a successive attività imprenditoriali. Mentre per le famiglie e le imprese che si autodenunciano, entro un tempo stabilito, eviteranno sanzioni, riconoscendo inoltre ai lavoratori immigrati il permesso di soggiorno. Si tratterebbe di un "ravvedimento operoso" per il datore di lavoro, che potrebbe adeguarsi alla nuova disciplina, previo pagamento di una somma, per evitare sanzioni più gravi. Si parla di una sanzione di 1.000 euro, più i mancati pagamenti degli oneri fiscali, previdenziali e assistenziali.

Secondo Giovanni D'Agata fondatore dello "Sportello dei Diritti" le sanzioni pecuniarie andranno colpire le persone giuridiche le quali si siano avvantaggiate ricorrendo all'impiego di cittadini stranieri il cui soggiorno è irregolare.

Lecce, 7 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

Giovanni D'AGATA




venerdì 6 luglio 2012

Spending review e giustizia. Dopo la ‘riforma epocale’, ora la ‘rivoluzione’: una sforbiciata ai reati

Firenze, 6 luglio 2012. Ci auguriamo che la riorganizzazione della geografia giudiziaria approvata dal Governo nell'ambito della cosiddetta 'spending review'  possa portare, oltre al risparmio nell'immediato, anche un contributo di efficienza del sistema.
Certo è che i problemi del sistema giudiziario italiano, strabordante di cause pendenti e affiancato da un incivile e incostituzionale sovraffollamento carcerario, non si risolverà mai se non si darà una netta sforbiciata ai reati contemplati dal nostro ordinamento.
Prendiamo ad esempio la legge sugli stupefacenti. E' di oggi la notizia di giovane genovese denunciato per aver spedito ad un amico una cartolina dall'Olanda nascondendo sotto il francobollo un po' di hashish e scrivendo 'Una boccata d'aria pura dall'Olanda!!!'. La cartolina, spiegano gli investigatori, e' stata intercettata alle poste per il rigonfiamento sotto il francobollo. L'episodio  risale al dicembre scorso: dopo mesi di indagine il mittente e' stato identificato dalla polizia (1).
Sì, mesi di indagini! A cui seguiranno anni di processi e la possibilità di dover concludere con un soggiorno in carcere. Costi per il contribuente? Svariate decine di migliaia di euro.  Il tutto per una briciola di hashish del valore di pochi centesimi, sostanza che consumano milioni di italiani.
Altro che taglio dei tribunali e sezioni distaccate! Fare una vera 'spending review' della giustizia significa dare una netta sforbiciata al catalogo sempre più infinito di reati. Specialmente di quei reati inventati o aggravati dall'abuso politico e populistico del delicatissimo strumento penale.
Il ministro della Giustizia, Paola Severino, sicuramente tutto questo lo sa già. E certo non possiamo pretendere che una revisione dell'ordinamento giuridico avvenga in pochi mesi. Ma ad oggi, francamente, di 'riforme epocali' non ne vediamo, a meno che non ci si riferisca alla crescente difficoltà per i cittadini di accedere alla giustizia.

(1) http://www.aduc.it/notizia/spedisce+cartolina+hashish+sotto+francobollo_125771.php

Pietro Yates Moretti, vicepresidente Aduc
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori

Giustizia. La crisi colpisce i tribunali. Un cittadino che intende depositare un ricorso al Giudice di Pace deve portarsi oltre al contributo unificato, venti fogli uso bollo da casa

Giustizia. La crisi colpisce i tribunali. Per depositare un ricorso o costituirsi in giudizio bisogna portarsi anche la carta da casa perché il Ministero non fornisce più neanche i fogli dei verbali d'udienza.

 

Non è bastata l'introduzione generalizzata del contributo unificato e del suo aumento per ogni scaglione di valore e dei diritti di cancelleria. I costi della Giustizia sono diventati quasi "ingiusti" e l'accesso diventa sempre più oneroso, ma nonostante ciò, evidentemente, il salasso a più riprese effettuato dai precedenti governi non è stato sufficiente se oggi, un cittadino che intende depositare un ricorso al Giudice di Pace deve portarsi oltre al contributo unificato, venti fogli uso bollo da casa e consegnarli direttamente in cancelleria per garantirsi la prosecuzione di un qualsiasi giudizio.

Accade a Lecce, ma un po' dappertutto, perché pare che sia stato proprio il Ministero della Giustizia a "consigliare" tale scorciatoia, per evitare di rimanere senza carta su cui scrivere durante l'udienza. Per carità, di tali questioni se n'è sentito parlare anche in tempi meno recenti, ma ciò che sorprende è che nonostante gli interventi nelle scorse finanziarie per cercare di garantire maggiori entrate già al  momento in cui si tenta di accedere alla giustizia, tocchi sempre al cittadino pagare, pagare e pagare per cercare di vedersi tutelati i propri diritti.

Secondo Giovanni D'Agata fondatore dello "Sportello dei Diritti" che a più riprese ha criticato l'introduzione e l'aumento del contributo unificato anche per istituti processuali quali quelli del ricorso alle sanzioni amministrative, spesso illegittime, questi fatti sono l'ulteriore prova che le promesse di razionalizzazione della spesa pubblica, in un settore nevralgico del sistema di un paese quale quello della Giustizia sono state tutte disattese ed impongono al Ministro in carica interventi immediati per garantire l'accesso alla tutela giurisdizionale e servizi sufficientemente funzionali a tutti i cittadini.

Giovanni D'AGATA

Lecce, 6 luglio 2012                                                                                                                                                                                            

 



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