Lecce, 16 agosto 2014
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Redazione del CorrieredelWeb.it
Lecce, 16 agosto 2014
E' da tempo che continuiamo a sostenere che gli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità sono tutt'altro che affidabili e sempre da anni rivolgiamo appelli alla P.A., ai Prefetti ed ai Giudici di Pace affinché verifichino puntualmente ogni passaggio dell'iter procedimentale per la contestazione delle infrazioni a mezzo autovelox o comunque affidate a dispositivi elettronici di controllo. Tanto più dopo che la Cassazione lo scorso 7 agosto ha sollevato la questione di legittimità costituzionale circa la necessità di taratura periodica.Così Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" sull'ultima tra le decine e decine di segnalazioni in merito a multe per superamento del limite di velocità elevata sulle nostre strade con il famigerato Autovelox ma che presentano anomalie più o meno evidenti.Questa volta, è stato il Comando di Polizia Municipale di Torchiarolo a prendere un abbaglio ed ha sanzionato un'autovettura berlina scambiandola per un autocarro, raddoppiando così la sanzione ivi prevista ed applicando erroneamente l'art. 142 comma 11 del Codice della Strada che prevede per l'appunto il raddoppio automatico della multa quando a superare il limite di velocità è un veicolo ricompreso tra particolari categorie e chiedendo l'esorbitante importo di € 353.10 a fronte dell'importo previsto di € 168,00. .È evidente, dunque, che il verbale in questione risulti viziato da gravi errori che ne inficiano il contenuto e che lo rendono invalido e perciò nullo, ma il problema è che a pagare sempre per i non rari refusi della P.A. è il cittadino - automobilista il quale preoccupato per le conseguenze di un'infrazione a lui non imputabile, è stato costretto ad inoltrare per il tramite dello "Sportello dei Diritti" un ricorso amministrativo ex art. 203 del Codice della Strada confidando nell'inevitabile ravvedimento dell'organo amministrativo superiore, in questo caso il Prefetto di Brindisi.
Lecce, 10 agosto 2014
Brutte sorprese per i condomini che hanno la casa sfitta e che credevano di non dover pagare nulla al condominio. Anche loro devono pagare le quote di acqua, spese per l'ascensore ed ogni altro onere. Per la seconda sezione della Cassazione civile con la sentenza 17557/14 risulta, infatti, illegittima la delibera che ripartisce gli esborsi in base al numero di persone che stabilmente abita le unità immobiliari di proprietà esclusiva.
La natura dell'obbligazione del singolo condomino è difatti "propter rem", ossia trova fondamento nel solo diritto di comproprietà sulla cosa comune: il fatto che egli non ne faccia uso non lo esonera dal pagamento delle spese.
Con la decisione pubblicata l'1 agosto, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", associazione da sempre attenta al rispetto dei diritti dei condomini, é stato accolto il ricorso di un condomino che aveva evidenziato l'erroneo metodo di calcolo dell'assemblea che aveva ripartito a maggioranza i costi non rispettando il tradizionale criterio dei valori millesimali (e nel caso dell'ascensore anche dal livello di piano). Il legislatore, rilevano i giudici di legittimità, guarda con favore all'installazione di singolo contatori, per evitare sprechi delle risorse idriche.
Ma quando mancano i misuratori, non si può ricorrere a un criterio forfetario presuntivo di natura personale, com'è quello del numero dei residenti dell'immobile; anche perché ciò significa trasformare l'amministratore condominiale in "controllore", chiamandolo a vigilare su questioni che esulano dal suo mandato e invece toccano da vicino le relazioni personali e private di ciascun proprietario esclusivo. Impossibile trascurare, inoltre, che anche i locali non abitati possono consumare acqua, come nel caso di perdita dei tubi (senza trascurare eventuali pulizie e cura delle piante con relativa irrigazione).
Esonerare dai pagamenti i proprietari esclusivi degli immobili vuoti equivale a far ricadere su tutti gli altri i costi del lavaggio delle parti comuni e dall'eventuale annaffiamento dei giardini comuni; va poi ricordato che la tariffa idrica comprende un minimo fisso per la disponibilità del servizio che deve comunque essere corrisposto al gestore al di là del consumo effettivo. Analogo discorso può essere svolto per l'ascensore: le spese per l'impianto devono essere suddivise in base al valore e all'altezza di ciascun piano dal suolo e dunque su base reale e non personale; risulta irrazionale la scelta di gravare i proprietari con un maggior numero di residenti sul presupposto di un più intenso uso dell'elevatore.
Lecce, 2 agosto 2014
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