CorrieredelWeb.it Arredo&Design Arte&Cultura Cinema&Teatro Eco-Sostenibilità Editoria Fiere&Sagre Formazione&Lavoro Fotografia


IltuoComunicatoStampa ICTechnology Marketing&Comunicazione MilanoNotizie Mostre Musica Normativa TuttoDonna Salute Turismo




Ultime news sulla Normativa

Cerca nel blog

martedì 30 settembre 2014

Circolazione stradale. Esclusa la guida in stato d’ebbrezza grazie allo sciroppo omeopatico anti-gastrite

Nullo alcoltest svolto nell'auto della Stradale ipoteticamente satura di vapori.

Un caso che farà certamente discutere in materia di accertamento dello stato di ebbrezza alcolica mediante alcoltest che viene segnalato da Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti". Grazie allo sciroppo omeopatico anti-gastrite l'automobilista scampa alla condanna a un mese di arresto, 600 euro di ammenda e alla sospensione della patente per sei mesi (anche se la pena era sospesa). È quanto sentenziato  dai giudici dalla prima sezione penale della Corte di appello di Bari che con la decisione 461/14, hanno ritenuto «Il fatto non sussiste». 

E ciò perché resta un ragionevole dubbio sulla colpevolezza del guidatore che ha portato un teste secondo cui l'imputato non ha alzato il gomito per tutta la giornata. Inoltre decisivi un teste a favore e la prova dell'etilometro che risulta svolta all'interno dell'auto della polizia stradale, dove si sono tenuti in precedenza altri analoghi esami. 

L'ipotesi che l'abitacolo della pattuglia fosse saturo di vapori alcolici. Di più: rilevante è la documentazione medica prodotta in giudizio. Secondo i medici di parte, l'imputato soffre di bronchite oltre che di disturbi gastrici e si cura con farmaci a base di alcol. Ecco spiegato perché, sostiene la difesa dell'automobilista, gli agenti rilevano «alito vinoso» quando fermano il conducente. 

Peraltro, un testimone ha confermato le dichiarazioni rese dall'imputato. Né si possono ignorare i certificati sanitari sullo sciroppo omeopatico: l'articolo 186, comma 1, Cds vieta la guida in stato di ebbrezza «conseguente all'uso di bevande alcoliche» e non anche di medicine. In verità, nella specie, il superamento del limite di tolleranza risulta minimo e quindi le risultanze acquisite al fascicolo del dibattimento risultano non univoche: neppure si può escludere l'ipotesi della presenza di vapori d'alcol all'interno della pattuglia dove si sono svolti vari alcoltest. Insomma: non si è raggiunta la prova certa e incontestabile della responsabilità dell'imputato.

Lecce, 30 settembre 2014

SCUOLA - Tar Lazio conferma i decreti Anief e riapre le graduatorie chiuse dal Governo



nlogoanief

 

 

Con ordinanza n. 10073/14, il tribunale amministrativo accoglie la richiesta di sospensiva per centinaia di ricorrenti nel ricorso patrocinato dall'avv. F. Lideo dell'Anief e conferma i primi decreti monocratici che hanno consentito il reinserimento nelle Gae. Sono stati nel frattempo 15 i provvedimenti d'urgenza accolti, di cui gli ultimi nn. 4423, 4440, 4657, 4791.

 

I giudici, grazie all'azione ferma e decisa dello studio legale dell'Anief, hanno fatto riferimento alla recente posizione del Consiglio di Stato che li ha convinti a confermare i decreti monocratici emessi durante le operazioni di nomina a tempo indeterminato e determinato.

 

"Sono più di 15.000 i docenti in possesso di abilitazione che si sono rivolti all'Anief per inserirsi in quelle graduatorie che il Governo vorrebbe esaurire - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - con un piano di 150.000 immissioni in ruolo, senza contemplarli. E ora un migliaio di essi potrà aspirare, grazie all'iniziativa del sindacato, anche all'immi‎ssione in ruolo nonostante fosse stato escluso dalla scuola proprio dalla riforma su cui è in corso la consultazione pubblica".

 

Il sindacato si batte non soltanto per coloro che sono stati cancellati dalle graduatorie e vogliono reinserirsi ma anche per tutti quei docenti invisibili al Parlamento che insegnano ogni giorno nelle nostre scuole, spesso come supplenti brevi, seppure abilitati e professionisti come tutti gli altri. In assenza di una risposta dell'esecutivo, richiesta con urgenza anche nella recente manifestazione di piazza a Montecitorio dallo stesso presidente Anief, il sindacato continuerà a chiedere in tribunale il rispetto del merito, della parità di trattamento dei cittadini nei pubblici uffici e del principio di buon andamento e ragionevolezza nonché delle norme costituzionali e comunitarie. Come spiegare, infatti, persino a graduatorie esaurite, la persistente volontà di non inserire il personale abilitato?

 

Chi ha presentato domanda all'atto dell'ultimo aggiornamento come primo inserimento o negli aggiornamenti precedenti come reinserimento può sempre ricorrere al giudice del lavoro seguendo le indicazioni che trova qui.

 

Per approfondimenti:

 

Ancora quattro decreti monocratici del TAR Lazio per centinaia di ricorrenti reinseriti nelle Gae. ANIEF riapre i ricorsi al Giudice del lavoro

 

30 settembre 2014                                                                                      

Pugno duro dei giudici per i lavoratori beccati durante l'orario di lavoro con hashish

Licenziamento legittimo del lavoratore in possesso di droghe leggere intento anche a spacciare ai colleghi. La sostanza stupefacente mette a rischio la salute dei lavoratori

Giro di vite dei giudici contro chi è in possesso di droghe leggere sul posto di lavoro. Licenziamento in tronco del lavoratore trovato in possesso di hashish da spacciare ad alcuni colleghi. Non contano le indagini preliminari in corso: il giudice civile può valutare anche gli elementi raccolti nell'inchiesta penale, la sostanza stupefacente mette a rischio la salute dei lavoratori. Lo  stabilisce la Corte di appello di Potenza con la sentenza n. 208/14, depositata dalla sezione lavoro che Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti"  evidenzia. Il giudice boccia il ricorso di un operaio di una fabbrica che si opponeva alla sentenza del tribunale di Melfi che, in qualità di giudice del lavoro, dichiarava legittimo il licenziamento intimato dal datore per giusta causa. Il lavoratore era accusato di detenzione ai fini di spaccio di 275 grammi di hashish e per questo veniva arrestato dai carabinieri del posto. La sostanza stupefacente era destinata a essere ceduta ad alcuni colleghi. 

E infatti succedeva che uno dei lavoratori era fermato dopo l'ingresso in fabbrica, gli altri due, tra cui il ricorrente, cercavano invano di eludere il controllo dei militari. Dal controllo risultava che gli altri due dipendenti portavano con sé rispettivamente tre e due panetti di stupefacente, mentre il ricorrente, privo di hashish, ammetteva solo più tardi di aver cercato di sbarazzarsi dello stupefacente infilandolo nella tasca del giubbotto del collega. Scattava, così, l'arresto dei tre operai, colti in flagranza di reato di concorso nella detenzione ai fini di spaccio di hashish. L'azienda comunicava, successivamente all'accaduto, il licenziamento tramite raccomandata. Si rivela vano il tentativo di appellarsi al tribunale di Melfi da parte dell'operaio che sosteneva che sulla vicenda erano in corso le indagini preliminari.Per i giudici la condotta incrina «irrimediabilmente» il vincolo fiduciario col datore. Questo perché, essendo un comportamento realizzato nell'ambiente di lavoro, mette a rischio la salute degli altri dipendenti, potenziali fruitori della sostanza stupefacente.

La Corte di Appello spiega che «ai fini della legittimità del licenziamento disciplinare irrogato per un fatto che integri gli estremi di un reato non rileva la valutazione penalistica del fatto né la sua punibilità in sede penale, né la mancata attivazione del processo penale per il medesimo fatto addebitato, trattandosi esclusivamente di effettuare una valutazione autonoma in ordine all'idoneità del fatto a integrare gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo del recesso». Inoltre, continua la Corte potentina, «il giudice civile, ai fini della formazione del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un procedimento penale, comprese le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali».

Lecce, 30 settembre 2014                               

lunedì 29 settembre 2014

Imposta Tasi. L'amministrazione ha sbagliato piu' di qualcosa. E' il caso di rinviare e mettere a posto?



Firenze, 29 settembre 2014. Il prossimo 16 ottobre scade il pagamento della prima rata della Tasi (tassa sui servizi indivisibili) (1), una tassa comunale sulla prima casa che ha sostituito l'Imu/Ici che, con tanti strombazzamenti mediatici, ci hanno fatto credere che avevano abolito e che, invece, hanno fatto rientrare dalla finestra con pagamenti maggiori che non quelli delle imposte precedenti.
Il problema grosso di questo pagamento, al di la' del fatto in se', e' che e' altissima la possibilita' che il contribuente sbagli nel calcolare quanto deve pagare. A differenza di molti altri tributi comunali, la Tasi il contribuente se la deve calcolare da se', facendo fede sui sistemi indicati sui siti degli specifici Comuni e/o appoggiandosi a Caf o professionisti del settore -quindi con ulteriore aggravio di costi. E non esiste un metodo generalizzato italiano, perche' ogni Comune decide da se', anche e soprattutto per le percentuali che devono essere pagate da proprietario (min 70%) e inquilino (max 30%) della casa. Inoltre non sono pochi i Comuni che non hanno fatto le delibere in tempo, per cui chi ha la casa in questi territori dovra' pagare solo il prossimo meta' dicembre con una aliquota unica nazionale.
Ma come se non bastasse la difficolta' di ogni contribuente per essere ligio al dovere, non pochi Comuni hanno fatto di tutto per rendere la cosa ancora piu' complicata. Si veda in proposito la denuncia odierna del quotidiano 'Italia Oggi' dove, a titolo di esempio, citiamo alcuni casi: delibere da consultare -per sapere quanto pagare- che sono anche di 500/600 pagine, alcune con aggiunte fatte a penna con grafia incomprensibile (Comune di Palermo), formule matematiche per il calcolo che possono essere utilizzate solo da iniziati alla specifica materia, detrazioni per coloro che hanno disabilita' superiore al 100% (…), detrazioni per familiari che non si sa quali siano (Comune Milano), aliquote piu' alte rispetto a quelle di legge, riduzione del 50% a chi adotta un cane randagio, scadenze non chiare, etc...
Una situazione che conferma come il federalismo in Italia abbia finorsa solo significato ulteriori complicazioni per il contribuente. Un velo pietoso sul fatto che il Governo in carica ci ripete in continuazione che ci fa pagare meno tasse e ci semplifica la vita. Che fare? Forse e' il caso che chi di dovere, preso atto che stiamo andando verso un baratro che ci vorranno decenni per colmarlo (in termini economici -per istituzione e contribuente- oltre che di credibilita'), prenda la situazione in mano e decida una cosa (in genere) antipatica, ma forse oggi necessaria: rinviare le scadenze, mettere mano alla norma a livello nazionale e  dare precise e inderogabili indicazioni ai Comuni. Si', lo sappiamo, il Governo centrale lo aveva gia' fatto, ma probabilmente lo aveva fatto male, visto quanto sta inesorabilmente accadendo in questi giorni.

(1) http://www.aduc.it/articolo/prima+rata+tasi+prossimo+16+ottobre+chi+paga+chi+no_22488.php

Vincenzo Donvito, presidente Aduc


Aneis: Renzi consegna la giustizia stragiudiziale nelle mani degli avvocati


Il decreto di riforma della giustizia introduce il nuovo istituto della negoziazione riservandolo in esclusiva agli avvocati

Cipriano (ANEIS): "L'unico scopo di questa riforma è di rendere un'attività stragiudiziale riserva esclusiva dell'avvocato. Nessun vantaggio per il danneggiato, anzi, solo maggiori spese e un allungamento dei termini"

 

Con il decreto legge di riforma della giustizia del Governo Renzi gli avvocati si vedono conferire l'esclusività anche per le questioni stragiudiziali. Il decreto, infatti, introduce l'obbligo di affidare agli avvocati, il nuovo istituto della negoziazione per i sinistri derivanti dalla r.c. auto.

 

Nel Capo II del decreto, articolo 2, comma 1, si legge 

"La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo".

La redazione in forma scritta di una convenzione di negoziazione, da inviare all'altra parte, che dovrà prevedere un termine concordato non inferiore a 30 giorni. Questo meccanismo, però, non prevede alcun ente o persona super partes, come era nella mediazione, e confida esclusivamente nella buona fede e nella lealtà delle parti.

 

C'è sempre una trattativa non giunta a buon fine a monte della decisione di iniziare una causa civile. Che senso ha obbligare le parti ad una negoziazione ufficiale, preceduta da una convenzione scritta fatta solo tra avvocati (che vanno pagati!), quando la negoziazione (ovvero la trattativa) c'era già stata ed aveva portato ad un mancato accordo con la conseguente decisione di affrontare un contenzioso giudiziario?

 

L'accordo non ci sarà neppure con la negoziazione assistita, la causa si farà ugualmente e l'unico risultato sarà quello di aumentare i tempi, già biblici, e le spese.

 

Il suggerimento del Presidente ANEIS è quello che il Governo o il Parlamento approntino in tempi brevi una radicale riforma della giustizia civile che riduca drasticamente la durata delle cause.

Così il debitore (leggasi Compagnie Assicuratrici) sarebbe costretto ad adeguarsi alla costante giurisprudenza senza più l'arroganza di chi ora mette in conto, sfruttando la legge dei grandi numeri, che anche davanti ad offerte inique solo una minoranza si rivolge al giudice, mentre tutti gli altri accettano, spaventati dall'attuale ingiustificabile durata delle cause.

 

Oltretutto la figura professionale del patrocinatore stragiudiziale, creata dalla legge 14 gennaio 2013 n.4 e dalla Norma UNI 11477, viene ignorata completamente, favorendo, ancora una volta la lobby degli avvocati.

 

venerdì 26 settembre 2014

Immobili e nuovi contratti “Rent to Buy”, ovvero: abitare subito la casa che si vuole acquistare in futuro pagando canoni mensili in acconto sul prezzo

Firenze, 26 settembre 2014. Il decreto cosiddetto "sblocca Italia" (1) ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una nuova forma contrattuale che consente ai proprietari di immobili di concederli in godimento con previsione di futura vendita, computando al prezzo convenuto un certo numero di canoni.

Nonostante il nome con cui sono stati subito battezzati, RENT TO BUY, non si tratta di contratti di affitto, già disciplinati con norme dedicate (leggi 392/1978 e 431/1998), ma di contratti del tutto nuovi, per i quali la legge prevede specifiche tutele.
Vediamo, brevemente, i vantaggi.

Protezione delle parti verso i terzi
Fino alla data di entrata in vigore del decreto, il 13/9/2014, per poter stipulare un contratto simile si doveva ricorrere ai classici contratti di affitto inserendo patti di futura vendita, senza una disciplina di legge specifica a cui fare riferimento.

Oggi, con questa nuova forma contrattuale che prevede la trascrizione nelle conservatorie immobiliari, le parti possono proteggersi fin da subito nei confronti di terzi con la "prenotazione" dell'immobile oggetto della reciproca promessa di vendita/acquisto, come se avessero sottoscritto un preliminare di compravendita. Le protezioni sono infatti quelle previste dal codice civile per i preliminari di compravendita, con la particolarità che gli effetti della trascrizione si mantengono, anziché solo per tre anni, per tutta la durata del contratto (massimo dieci anni), in attesa di quelli, eventuali, del rogito.

Per il proprietario/venditore, diventa possibile mettere "a reddito" l'immobile subito, in prospettiva di una vendita futura. La promessa di vendita decade per legge -e il contratto si risolve- nel caso l'utilizzatore diventi moroso di un certo numero di canoni (decisi contrattualmente), anche non consecutivi.
Per l'utilizzatore/acquirente diventa possibile poter subito godere l'immobile diluendo nel tempo l'impegno finanziario in vista di un futuro acquisto. L'acquisto inoltre può esser previsto nel contratto come "automatico" (quindi già promesso alla firma) oppure opzionale, come avviene nei contratti di leasing.

A parte alcuni aspetti disciplinati dalla legge, questi contratti sono liberi, affidati alla contrattazione delle parti. Ciò in special modo riguardo al prezzo di vendita dell'immobile, la durata di godimento anteriore alla vendita, l'importo mensile dei canoni e quanti di essi costituiranno l'"acconto" da scalare dal prezzo di vendita.
Rimangono incerti alcuni punti sui quali il decreto legge non si esprime: quali siano le procedure da seguire nel caso il proprietario voglia forzare il rilascio dell'immobile a seguito di risoluzione del contratto (probabilmente l'azione esecutiva di rilascio) e gli aspetti fiscali che riguardano essenzialmente l'Iva (quando prevista) e l'imposta di registro. Ci auguriamo che intervengano presto chiarimenti dell'Agenzia delle entrate o che le mancanze siano sanate in sede di conversione in legge.

Per approfondimenti si rimanda alla lettura della nuova scheda specifica
GODIMENTO IMMOBILI CON FUTURO ACQUISTO (RENT TO BUY): cos'è e come funziona: http://sosonline.aduc.it/scheda/godimento+immobili+futuro+acquisto+rent+to+buy+cos_22509.php

(1) Dl 133/2014 art.23

Rita Sabelli, responsabile Aduc per l'aggiornamento normativo

Tutela minori. 14enne Svizzero condannato alla barca a vela

 Misure alternative agli istituti per minorenni ma la "pena" non appare appropriata specie per gli enormi costi

Cosa non si dovrebbe fare per l'educazione dei giovani e per il loro recupero nella società? In Svizzera si è ben pensato che con un giro di 40 settimane in barca a vela si possa rimettere in carreggiata un discolo che non vuole proprio mettere in riga. E' questa la "punizione" che è stata inflitta dall'autorità tutoria di Linth ad un 14enne di Schmerikon (SG) di nome Marco. La notizia ha suscitato clamore al di là delle Alpi dopo che è stata pubblicata dal quotidiano di Rapperswil "Obersee Nachrichten". Marco ha manifestato problemi comportamentali sin dalla sua più tenera età.

Finché il giudice tutelare non ha deciso di toglierlo alla madre ed obbligarlo al giro in barca a vela. Un giro organizzato da una fondazione svizzera che si occupa di aiutare giovani problematici tra i 14 ed i 18 anni a reintegrarsi nella società. Sempre secondo la "Obersee Nachrichten", il 14enne deve rimanere sul veliero almeno 40 settimane. I pedagoghi a bordo decidono ogni sette giorni se ha "superato" la settimana: se la risposta è no il periodo sulla barca viene prolungato.

Da maggio Marco è sul veliero nell'Atlantico, fra l'altro vicino a Capo Verde, ma finora non ha ancora "superato" alcuna settimana. Il periodo di terapia potrebbe quindi durare ancora a lungo. I costi fatturati sono di 156'000 franchi all'anno poco meno di 130.000 euro, oltre le spese. Costi che quasi certamente graveranno sui contribuenti, perché la madre è in parte a beneficio dell'assistenzasc sociale elvetica. Sulla barca trovano posto 16 giovani, ognuno dei quali costa 430 franchi al giorno. Secondo la fondazione, i giovani trovano nella barca a vela "una nuova casa" che dà loro la possibilità di "ripartire nella vita con nuovo slancio". Un fine nobile. Ma, dati gli elevati costi, c'è comunque chi storce il naso. Tra questi la stessa madre di Marco, che non comprende ancora la decisione delle autorità.

Ed ha dichiarato: "sarebbe stato meglio se avessero mandato mio figlio a scuola. Sarebbe rimasto più vicino a me e avrebbe potuto ottenere un diploma. E lo Stato avrebbe risparmiato." Non siamo in grado di stabilire se si tratti della scelta più appropriata per la rieducazione di un minore. Fatto sta che siamo certi che esistano misure altrettanto idonee e meno costose per i contribuenti che comunque possono rilanciare la vita di ragazzi disagiati come l'attivazione di percorsi di recupero all'interno delle famiglie stesse con l'ausilio di psicologi e degli stessi servizi sociali oppure in adeguati ambienti protetti come le "case famiglia".


giovedì 25 settembre 2014

Francia: divieto di fumo di in auto con bambini sotto i 12 anni


La Francia oltre ad istituire il pacchetto di sigarette "neutre" senza marchio e logo, ma sempre con il riferimento alle avvertenze e con la presenza di immagini scioccanti, e vietare la sigaretta elettronica in certi luoghi pubblici, presto vieterà anche il in auto con bambini di meno 12 anni. Lo ha annunciato il ministro francese della salute Marisol Touraine oggi presentando un ambizioso piano di anti-fumo.

Il Ministero ha sottolineato che l'Australia è l'unico paese che ha attuato finora tale misura. Inghilterra e l'Irlanda hanno inoltre annunciato recentemente l'intenzione di adottare presto un simile provvedimento. Nel frattempo la sigaretta elettronica sarà vietata in certi luoghi pubblici: in particolare gli istituti che accolgono minori (come le scuole), trasporti pubblici e tutti gli spazi chiusi degli uffici pubblici. 

Inoltre, sarà limitata la pubblicità per le sigarette elettroniche sino alla permanente esclusione alla data del 20 maggio 2016, come ha già imposto dalla direttiva europea.Inserita nell'ambito del "programma nazionale per ridurre l'uso di tabacco" voluta dal Presidente della Repubblica, queste misure saranno sia integrate nel disegno di legge sulla salute da sottoporre presto al Consiglio dei ministri.

Un ulteriore importante passo avanti contro il tabagismo che si augura che una simile misura possa essere estesa nel resto d'Europa a partire dall'Italia.



Insalata confezionata. Ancora un anno di attesa per l'applicazione della normativa

Roma, 25 Settembre 2014.  Per le verdure (es.la famosa insalata in busta) e la frutta confezionate e pronte all'uso occorrera' attendere ancora un anno  affinche' la normativa entri in vigore. La norma prevede una serie di disposizioni relative alla preparazione dell'ortofrutta di quarta gamma (verdure e frutta lavate e confezionate) e le indicazioni per il consumo.  La legge e' del 2011 (1), il decreto ministeriale attuativo e' del 2014 (2) e l'entrata in vigore e' prevista per il 2015. Insomma tre anni per fare un decreto e quattro per rendere operativa una legge! Questa fase e' competenza dei ministeri, ovvero del governo in carica. Sollecitiamo il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a essere piu' veloce, non solo a parole.

(1) n.77/2011
(2) DM 3746/2014

Primo Mastrantoni, segretario Aduc




--
Redazione del CorrieredelWeb.it


mercoledì 24 settembre 2014

SCUOLA – Quota 96, ultima chiamata: una deroga dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato



nlogoanief

 

L'unico modo per evitare che 4mila docenti e Ata rimangano bloccati per il secondo anno consecutivo è il disegno di legge 1558, all'esame della I Commissione di Palazzo Madama, contenente una serie di "modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico". Intanto il sindacato aderisce al presidio davanti al Miur del 30 settembre.

 

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): in un colpo solo si renderebbe giustizia a tanti lavoratori della scuola, evitando che siano i tribunali a condannare l'amministrazione pure per danno esistenziale. Nel contempo si agevolerebbe il processo di ringiovanimento del corpo docente italiano, che è il più vecchio al mondo. E non si continui a dire che è un problema di soldi.

 

L'ultima possibilità per liberare i 4mila lavoratori "Quota 96" della scuola è che la Commissione Affari Costituzionali del Senato inserisca una deroga al disegno di legge 1558 che introduce "modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico": il documento, approvato dalla Camera dei deputati e al momento in corso di esame in commissione, è composto da una serie di modifiche risultanti dall'unificazione di più disegni di legge. E rappresenta davvero l'ultima chance per evitare che i docenti e Ata rimangano in servizio per il secondo anno consecutivo, oltre alla loro uscita naturale dal lavoro del 1° settembre 2013.

 

"A questo punto – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – l'unico modo per rimediare all'errore della riforma Monti-Fornero e poter mandare in pensione i 'Quota 96' della Scuola: quel personale che aveva iniziato l'anno scolastico 2011/2012 presentando regolare domanda di pensionamento, salvo poi rimanere incredibilmente incastrato dall'approvazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214".

 

"È giunto il momento di rompere gli indugi – continua il sindacalista Anief-Confedir - introducendo una deroga specifica per tutti costoro. In un colpo solo si renderebbe giustizia a tanti lavoratori della scuola, evitando che siano i tribunali a condannare l'amministrazione pure per danno esistenziale. Nel contempo si agevolerebbe il processo di ringiovanimento della pubblica amministrazione, in particolare del corpo docente italiano: il più vecchio al mondo, un dato che stona con le ultime ricerche internazionali che hanno collocato la professione dell'insegnante ad alto rischio burnout. A chi dice che mancano i fondi per sostenere questa operazione – conclude Pacifico –, ricordiamo che basterebbe decidere di coprirla con una piccola parte dei guadagno che lo Stato percepisce dal gioco d'azzardo".

 

Anief coglie l'occasione per annunciare il suo sostegno al presidio, organizzato dai "Quota 96" della scuola, in programma mercoledì 30 settembre a partire delle ore 13.00 davanti al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per chiedere al Ministro di rispondere ai quesiti urgenti sulla risoluzione dell'annosa vicenda del loro mancato pensionamento. 

 

 

Per approfondimenti:

 

Pensioni, 'Quota 96' è solo la punta dell'iceberg: gli insegnanti italiani saranno sempre più vecchi

 

Il Governo fa retromarcia sul turn over e tradisce migliaia di docenti, professori e medici: bastavano un po' di proventi dal gioco d'azzardo

martedì 23 settembre 2014

Circolazione stradale. Esclusa la guida in stato d’ebbrezza in caso di alcoltest effettuato mentre la temperatura è sotto zero


Un caso che farà certamente discutere in materia di accertamento dello stato di ebrezza alcolica mediante alcoltest che viene segnalato da Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti". Il giudice del tribunale penale di Treviso ha deciso per l'assoluzione "perché il fatto non sussiste" in virtù del ragionevole dubbio sul funzionamento dello strumento per valori troppo bassi fuori «dal campo di riferibilità dello strumento», quando il test viene effettuato con temperature sotto lo zero.Nella fattispecie il decreto penale di condanna che aveva sanzionato penalmente un automobilista é stato annullato a seguito del procedimento concluso con la sentenza 1113/14, emessa dalla sezione penale del tribunale di Treviso. Nel corsodell'istruttoria sono risultate fondamentali le conclusioni del perito: l'accertamento è svolto quando nella notte della provincia veneta la temperatura aveva toccato meno 4 gradi centigradi, mentre sotto lo zero lo strumento che misura l'alcol in base all'espirazione dell'automobilista non fornirebbe più risultati attendibili. Peraltro, nel caso in questione sarebbe emerso che non erano state sostituite le batterie che alimentano l'etilometro (per quanto la scadenza di quattordici mesi non risulta perentoria). Ma v'è di più. Non solo non risulta sufficiente che a proteggere lo strumento che i poliziotti lo custodiscano nel cofano dell'autopattuglia: il freddo che penetra nell' abitacolo fa in modo che dopo l'apertura lo strumento  si adegui rapidamente alla temperatura esterna. Peraltro, un testimone ha confermato di aver incontrato l'imputato al bar, vedendolo bere soltanto un amaro. In conclusione: il tasso di concentrazione alcolica nel sangue è requisito essenziale al fine dell'integrazione del reato di cui all'articolo 186 del Cds e senza certezze in proposito l'automobilista non può essere condannato.

Lecce, 23 settembre 2014





--
Redazione del CorrieredelWeb.it


lunedì 22 settembre 2014

Informatica giuridica e diritto: esperienze italiane ed europee all'Università dell'Insubria

INFORMATICA GIURIDICA E DIRITTO DELL'INFORMATICA:
ESPERIENZE NAZIONALI ED EUROPEE ALL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL'INSUBRIA

La crescita esponenziale dell'utilizzo delle nuove tecnologie nel settore pubblico e privato impone una riflessione, in tema di diritto dell'informatica, sull'adeguatezza dell'attuale contesto legislativo sia a livello nazionale che europeo. Proprio per questo il Dipartimento di Diritto, Economia e Culture dell'Università degli Studi dell'Insubria di Como, in collaborazione con l'Associazione Nazionale Docenti Informatica Giuridica e Diritto dell'Informatica (ANDIG), promuove la giornata di studi "Informatica giuridica e diritto dell'informatica. Esperienze nazionali ed europee", che si terrà venerdì 3 ottobre a partire dalle 9.30 presso l'Aula Magna dell'Università in Via Sant'Abbondio a Como.
A livello Europeo, la Corte di Giustizia ha già fornito indirizzi interpretativi su e-commerce, privacy e copyright. A livello nazionale, invece, l'avvio ufficiale del processo civile telematico e il regolamento AGCOM a tutela del diritto d'autore sono i due più rilevanti interventi in materia.
La giornata di studi prenderà quindi in esame i due differenti approcci, quello italiano e quello europeo, con l'obiettivo di fornire un'analisi comparatistica della materia e dare soluzioni pratiche su temi rilevanti come il processo civile telematico, la fatturazione elettronica e il diritto all'oblio.
La sessione mattutina, dedicata all'informatizzazione della Pubblica Amministrazione, sarà introdotta da Daniela Intravaia, ora responsabile per l'informatizzazione della Giustizia, ma in passato docente di Informatica giuridica presso l'Ateneo insubre: si parlerà delle principali novità in tema di digitalizzazione nel settore pubblico e, in particolare, nelle università e nel processo civile.
Nel pomeriggio, invece, il professor Donato Antonio Limone, presidente dell'ANDIG e professore ordinario di informatica giuridica all'Università Telematica UNITELMA Sapienza, condurrà una sessione dedicata all'analisi dei casi più rilevanti che in materia sono stati decisi dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
Durante la giornata, dopo i saluti del Rettore dell'Università degli Studi dell'Insubria, Alberto Coen Porisini, e di Laura Castelvetri, direttore del Dipartimento di Diritto, Economia e Culture, si svolgeranno gli interventi di Gianni Penzo Doria, direttore generale dell'Università degli Studi dell'Insubria e, tra l'altro, esperto di diplomatica del documento digitale e responsabile scientifico del progetto "UniDOC"; Filippo Pappalardo, referente del Processo Telematico di Milano - Unione Lombarda Ordini Forensi; Andrea Orlandoni, referente del Processo Telematico di Como - Unione Lombarda Ordini Forensi; Francesca Ferrari, ricercatrice di diritto processuale civile all'Università degli Studi dell'Insubria; Andrea Rossetti, professore associato di Filosofia del Diritto all'Università̀ degli Studi Milano Bicocca; Marco Silvi, docente di Informatica per la PA all'Università degli Studi Milano Bicocca; Marina Pietrangelo, ricercatrice dell'Istituto di Teoria e Tecniche dell'Informazione Giuridica di Firenze; Giovani Sartor, professore di filosofia del diritto all'Università degli Studi di Bologna, Giuseppe Vaciago, professore di informatica giuridica all'Università degli Studi dell'Insubria; Chiara Alvisi, professore di diritto privato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università degli Studi di Bologna e Alessandro Mantelero, professore di diritto privato al Politecnico di Torino.


L'evento è stato accreditato dall'Ordine degli Avvocati di Como con 6 crediti formativi.
La partecipazione all'evento è gratuita. Per iscrizioni: infogiurecomo@gmail.com.

SCUOLA – Il Tar Lazio rinvia nuovamente in Corte costituzionale legge che cancella docenti di ruolo dalle Gae



nlogoanief

 

Mentre il Governo annuncia di voler esaurire le graduatorie dei precari con un piano da 150.000 immissioni in ruolo, da una parte il Tar Lazio reinserisce i docenti depennati con diversi decreti monocratici, dall'altra sosp‎ende il giudizio sul ricorso promosso da diversi docenti di ruolo cancellati dalle stesse graduatorie, in attesa dell'esame della Consulta sull'art. 1 c. 4-quinquies del D.L. 134/09 richiesto dall'ordinanza n. 3309/13 della stessa sezione.

 

Con sentenza n. 9726/14 sul ricorso n. 10382/10 i giudici del Tar Lazio non si discostano dal precedente orientamento e, richiamando l'ordinanza di remissione, sospendono il processo in attesa della decisione della Corte costituzionale che ha già censurato la norma laddove inseriva in coda i precari nella terza fascia delle graduatorie aggiuntive, sempre su ricorso promosso dall'Anief che ha consentito durante gli ultimi due aggiornamenti delle graduatorie il trasferimento di migliaia di precari.

 

Si attende nei prossimi mesi il responso del Giudice delle leggi, mentre nelle ultime due settimane lo stesso Tar Lazio ha decretato - attraverso ben 11 provvedimenti cautelari - la riammissione di centinaia di ricorrenti che erano stati depennati dalle Gae. Una partita tutta in salita per il Governo che vede 100.000 precari invisibili bussare alle graduatorie in virtù del titolo abilitante conseguito. 15.000 di essi si sono rivolti ai legali dell'Anief per ottenere giustizia proprio dal Tar Lazio che si esprimerà a breve sulla loro richiesta. 

 

Il sindacato ricorda come sia ancora possibile ricorrere al giudice del lavoro per richiedere il reinserimento nelle Gae.

 

Per approfondimenti:

 

La sentenza n. 9726/14

 

Ancora quattro decreti monocratici del TAR Lazio per centinaia di ricorrenti reinseriti nelle Gae. ANIEF riapre i ricorsi al Giudice del lavoro

 

           

21 settembre 2014             

Tavola rotonda: il futuro riparte dalla costituzione?

Il Circolo Culturale Gian Vincenzo Omodei Zorini consapevole che da tempo, ormai, e da più settori della società viene espressa la necessità di apportare una parziale riforma alla Costituzione Italiana in vigore, propone una tavola rotonda per trarre spunti di riflessione sul tema:

Il futuro riparte dalla costituzione?

sabato pomeriggio 4 ottobre 2014 ore 17
nella prestigiosa e storica Villa Ponti di Arona,
gentilmente messa a disposizione dalla famiglia Sandrelli.

Le finalità dell'incontro sono pienamente espresse dal prof. Francesco Paolo Casavola, quando asserisce che -Dietro e dentro ogni costituzione c'è sempre, e più di ogni altra cosa, la storia e la cultura di un popolo-.
L'evento vorrebbe far riflettere sui valori della Costituzione, partendo dall'apporto di donne e uomini della nostra zona, che con la loro opera e i loro ideali contribuirono ai lavori dell'Assemblea Costituente. 

La Costituzione Italiana, come ben sappiamo, è stata definita una delle migliori, proprio perché i Padri Costituenti con grande lungimiranza seppero fondere  in essa speranze, ideali, valori etici di parti diverse, ma tutte tese alla ricostruzione dell'Italia.
Ma oggi? Quale il messaggio attuale della Costituzione? Quali i punti in discussione?
Quali i principi superati o ancora da attuare?

Alla tavola rotonda partecipano:
- Il prof. Francesco Paolo Casavola, giurista, professore di diritto romano, già presidente della Corte costituzionale e dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, presidente del Comitato nazionale per la bioetica dal 2006.  
- Il prof. Renato Balduzzi, è un giurista, professore ordinario di diritto costituzionale all'Università Cattolica del Sacro Cuore. Esperto di diritto costituzionale della salute e di diritto sanitario, è stato Ministro della Salute del Governo Monti ed è deputato per Scelta Civica e presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Dal 15 settembre è stato eletto membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura. 
- La dr.ssa Elena Mastretta (Istituto Storico della resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano-Cusio-Ossola "Piero Fornara" di Novara) ricorderà le voci delle donne della nostra zona.
- Gianfranco Quaglia (quotidiano La Stampa), scrittore e giornalista, parlerà del presidente Oscar Luigi Scalfaro e degli uomini della nostra zona che parteciparono alla Costituente.

Moderatore della tavola rotonda il  prof. Giannino Piana,
tra i più importanti teologi moralisti italiani.

All'evento saranno presenti anche alcuni dei giovanissimi sindaci dei Consigli Comunali dei Ragazzi delle medie (il nostro futuro) che hanno partecipato qualche mese fa al primo raduno regionale durante il quale hanno discusso su alcuni punti della Costituzione: cittadinanza, partecipazione e ambiente.
E proprio questi ragazzi e l'entusiasmo con il quale hanno partecipato al loro evento, hanno suggerito al Circolo Culturale Omodei Zorini un incontro per approfondire i valori della Costituzione.


sabato 20 settembre 2014

SCUOLA – Ancora quattro decreti monocratici del TAR Lazio per centinaia di ricorrenti reinseriti nelle Gae

ANIEF riapre i ricorsi al Giudice del lavoro

 

Il giudice amministrativo ordina il reinserimento nella terza fascia delle Gae dopo l'esclusione imposta dal decret‎o ministeriale sospeso e annullato, seppur in una fase cautelare d'urgenza, visto il pregiudizio irreparabile e la giurisprudenza chiara in materia. La settimana si chiude con quattro nuovi provvedimenti ottenuti dall'avv. F. Lideo, mentre gli Ambiti Territoriali stanno completando le convocazioni dei supplenti e il Governo vuole esaurire le stesse graduatorie.

 

È ancora possibile ricorrere per reinserirsi nelle graduatorie o per inserirsi per la prima volta se in possesso di abilitazione. Adesioni on line sul portale ANIEF.

 

Salgono a undici i decreti monocratici già ottenuti dai ricorrenti in poco più di due settimane: nn. 3977/2014, 4059/2014, 4124/2014, 4138/2014, 4146/2014, 4240/2014, 4311/2014, 4387/2014, 4393/14, 4395/14, 4411/14. Aveva ragione il sindacato quando ha sempre contestato la volontà dell'amministrazione di escludere i docenti che si erano inseriti nelle graduatorie permanenti e avevano manifestato la volontà di reinserirsi a seguito del depennamento disposto a partire dal 2007 per chi non aveva aggiornato la domanda.

 

E ora il sindacato, in occasione delle prossime immissioni in ruolo, riapre i termini per ricorrere al giudice del lavoro per tutti gli abilitati all'insegnamento che intendono reinserirsi o inserirsi per la prima volta nelle Gae, non hanno presentato ricorso, ma hanno fatto domanda di inserimento/reinserimento nelle Gae entro lo scorso 17 maggio all'Ambito Territoriale di proprio interesse.

 

Partecipare è semplice, basta scegliere il ricorso e seguire le procedure indicate a questo link.

 

I ricorsi Anief al GdL per inserimento/reinserimento nelle GaE

 

20 settembre 2014 

Circolazione dei veicoli. Niente più verbali con l'autovelox per il comune sulla strada con pochi sinistri


Circolazione dei veicoli. Niente più verbali con l'autovelox per il comune sulla strada con pochi sinistri, anche se è difficile fermarsi. Il decreto del prefetto che in base al «tasso d'incidentalità» ordina la rimozione della postazione risulta legittimo per il Consiglio di Stato

Basta autovelox a go go e senza alcuna logica se non quella di far cassa. Per la giustizia amministrativa devono essere posti solo sulle strade nelle quali ci sono molti sinistri. Almeno per quanto riguarda i tratti extraurbani, dove è il prefetto a dover indicare se si deve o meno procedere al rilevamento elettronico della velocità. 

È così che se l'ufficio territoriale del Governo rileva che nella zona "incriminata" non sussiste un alto «tasso di incidentalità», il Tar non può accogliere il ricorso del Comune che ha paura di non poter far multe a go go sul mero rilievo che nel tratto di competenza dell'ente locale le piazzole sono strette e non consentono di fermarsi ai veicoli più lunghi.Il Consiglio di Stato con la sentenza 4321/14, pubblicata dalla terza sezione riforma la precedente decisione del Tar Molise ritenendo che erroneamente era stato accolto il ricorso del Comune ove è di competenza del prefetto e dell'Anas con le valutazioni relative all'ampiezza delle aree di sosta lungo la statale.

L'autovelox in questione aveva scatenato quasi una rivolta  tra gli automobilisti, con una gran mole di contenzioso.Allora il prefetto approfitta per riaprire l'istruttoria sulla postazione di rilevamento della discordia e aveva deciso di eliminare il tratto di strada da quelli in cui è possibile procedere all'accertamento elettronico. 

In tal senso aveva utilizzato il criterio primario indicato dalle norme che regolano il posizionamento degli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità, ossia se in zona davvero serve o meno un forte deterrente per gli automobilisti.Il Tar, invece, aveva fondato la sua decisione sull'impossibilità di arrestare la marcia dei veicoli nel tratto di competenza del Comune, che con le sanzioni amministrative aiuta il bilancio. 

E addirittura aveva precisato che la misura era necessaria per l'ipotesi di difficoltà nel traffico laddove la polizia municipale dovesse multare un veicolo più lungo di dodici metri facendolo fermare sulla piazzola inadeguata.

Ma se fosse quello il criterio primario, concludono i giudici di Palazzo Spada, bisognerebbe installare «apparecchi automatici dovunque non sia agevole arrestare la marcia dei supposti trasgressori». In via definitiva il Tar aveva erroneamente sostituito le sue valutazioni con quelle delle amministrazioni competenti che non erano sbagliate, «tanto è vero che il verificatore non le considerava tali e che la sentenza le ha contraddette solo per un profilo marginale».

Una decisione importante che dovrebbe far riflettere tutti i Prefetti circa l'opportunità di una rivisitazione urgente dell'elenco dei tratti dov'è possibile effettuare rilevazioni a raffica senza una specifica logica di sicurezza stradale e solo con la precipua esigenza di "far cassa", come sovente abbiamo segnalato, non da ultimo il famigerato tratto della nota località turistica di Otranto dove la Provincia di Lecce ha fatto sfaceli nel corso della scorsa primavera con migliaia di multe effettuate in un tratto che all'avvio della stagione balneare è stato riconosciuto da tutti come una trappola per (incolpevoli) automobilisti.

Lecce, 20 settembre 2014                                                                                                                                                                                            



--
Redazione del CorrieredelWeb.it


venerdì 19 settembre 2014

Concorso Dirigenti Scolatici – Consiglio di Stato dà ragione all’Anief e applica la direttiva comunitaria: il servizio pre-ruolo andava valutato come quello di ruolo



nlogoanief


Con sentenza n. 4724 del 2014 rigettato l'appello del Miur. 12 docenti, neo-immessi in ruolo con anni di precariato alle spalle ottengono la nomina a preside, dopo aver superato tutte le prove, grazie alla disapplicazione della legge italiana in contrasto con la direttiva comunitaria, come richiesto dagli avv. S. Galleano e W. Miceli, dopo che in primo grado i giudici del Tar Lazio avevano dato ragione ai legali dell'Anief. Nuovo successo del sindacato che ora rilancia i ricorsi al giudice del lavoro per il pagamento degli scatti e quelli sulla ricostruzione di carriera per il riconoscimento per intero del pre-ruolo.

Ribadita l'esatta esegesi proposta dai giudici di prima cure, si sottolinea come pertinente e dirimente la sentenza della Corte di giustizia europea pronunciata l'8 settembre 2011 sulla causa C-177/10 e la successiva del 18 ottobre 2012 nei procedimenti C-302/11 e c-C304/2011. Grazie all'azione dell'Anief, che è riuscita anche a costringere il Governo nelle cause in giudizio sul precariato a sbloccare 150.000 immissioni in ruolo nel solo prossimo anno per i precari inseriti nella Gae, ora il principio di non discriminazione come formato dalla giurisprudenza europea in applicazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE per la parità di trattamento garantita dalla Suprema Corte di Lussemburgo tra personale a tempo determinato e indeterminato, si applica anche ai concorsi riservati ai dipendenti pubblici in Italia.

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario Confedir, quella del Consiglio di Stato "è una sentenza storica che riconosce finalmente anche nel pubblico impiego, in materia concorsuale, di fronte a chiare quante illegittime leggi dello Stato, la primazia del diritto comunitario sulla legislazione nazionale".

 

In virtù di tale decisione, l'Anief chiederà ora al giudice del lavoro di rivedere anche tutti i decreti di ricostruzione di carriera del personale assunto negli ultimi dieci anni, perché a differenza di quanto spettante, non ha ottenuto gli scatti di anzianità per il periodo pre-ruolo e il riconoscimento per intero degli anni di precariato.   

 

Per approfondimenti:

 

La sentenza 4724/14 del Consiglio di Stato

 

Ricostruzione di carriera: per la Corte Europea, gli anni di precariato vanno valutati per intero

 

19 settembre 2014 

Muffa in casa. Il proprietario dell'alloggio insalubre condannato al risarcimento dei danni alla salute dell'inquilino

Irrilevante la circostanza che le anomalie fossero note all'inquilino. La tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto di esclusione di colpa tra privati

Il locatore di un immobile è responsabile per i danni alla salute subiti dal conduttore nel corso del contratto e dovuti alle condizioni abitative dell'alloggio. La tutela del diritto alla salute, infatti, prevale su qualsiasi patto interpretativo di esclusione o limitazione della responsabilità. Ne consegue che è del tutto irrilevante che il conduttore fosse a conoscenza dell'esistenza di anomalie nell'appartamento al momento della conclusione del contratto. È sostanzialmente questo il principio stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 38559/14, depositata oggi dalla sentenza 19744 di oggi che ha accolto il ricorso di due coniugi che avevano perso un figlio per avvelenamento da ossido di carbonio mentre si trovava nel bagno senza finestra dell'appartamento preso in locazione.

La coppia aveva convenuto in giudizio il locatore esponendo che il tragico evento si era verificato a causa del fatto che lo scaldabagno non era stato installato a regola d'arte per insufficienza tanto della capienza del locale quanto del sistema di scarico dei fumi. Il condotto di esalazione, infatti, pur essendo stato interrotto a causa dell'intervento di chiusura effettuato da soggetti terzi nell'ambito dei lavori di ristrutturazione dei piani superiori, risultava irregolare fin dall'origine in quanto collegato, in modo del tutto anomalo, alla canna di deflusso dei fumi delle cucine e privo dello sfiato di riserva.

I proprietario ha contestato la domanda riportandosi alle osservazioni della perizia espletata nel corso del processo penale secondo la quale la causa preminente dell'evento era stata l'interruzione del condotto di esalazione in corrispondenza del quarto piano che da sola costituiva condizione sufficiente per il verificarsi della sciagura. Il mancato rispetto di alcune prescrizioni normative, pertanto, aveva solo abbassato il margine di sicurezza della caldaia ma non aveva creato una situazione di pericolo tale da far scattare la responsabilità.Il tribunale ha respinto la domanda dei genitori mentre la Corte d'appello ha riconosciuto la responsabilità del proprietario nella misura di un terzo e lo ha condannato a risarcire il danno.

La vertenza è così giunta di fronte ai giudici di legittimità dove la coppia ha sostenuto che lo scaldabagno era stato installato dal proprietario in violazione delle norme di sicurezza e che tale situazione illegittima era stata la causa del sinistro. In questo contesto, hanno proseguito i ricorrenti, i giudici avrebbero dovuto ritenere in capo al proprietario-locatore la presunzione di responsabilità ex articolo 2051 del cc escludendo la concorrente colpa del conduttore.

La Cassazione, nell'accogliere il ricorso, ha affermato che la responsabilità del locatore per i danni derivanti dall'esistenza dei vizi sussiste anche in relazione ai quelli preesistenti la consegna del bene ma manifestatisi successivamente a essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere la loro esistenza usando l'ordinaria diligenza.

Ne consegue, ha concluso la Suprema corte, che il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell'immobile locato quand'anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione di responsabilità. In conclusione lo "Sportello dei Diritti" fornisce alcuni chiarimenti come fare quando il locatore rifiuta di risolvere i problemi legati alla comparsa di muffa. Va detto che il formarsi della muffa sulla pareti di casa può dipendere sia dalle cattive abitudini di chi vi abita (insufficiente areazione dei locali, collocazione degli stendini all'interno della casa, ecc.) sia dalla mancata manutenzione da parte del proprietario di casa..L'articolo 1587, comma 1, numero 1, Codice civile, dispone che «il conduttore deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze».

Solo ove la muffa possa ricondursi ai vizi della cosa locata, potrà applicarsi la disposizione di cui all'articolo 1578, Codice civile, per il quale «se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna». L'articolo 1581, Codice civile dispone a sua volta che «le disposizioni degli articoli precedenti si osservano, in quanto applicabili, anche nel caso di vizi della cosa sopravvenuti nel corso della locazione».

Lecce, 19 settembre 2014                                                                                                                                                                                            


Sms offensivi. Può sussistere il reato di estorsione all’ex che minaccia la moglie via sms chiedendo di rinunciare alla casa coniugale

Punito penalmente ex articolo 629 Cp chi usa «la rivendicazione formale» allo scopo di distruggere moralmente e psicologicamente la vittima

 È un atteggiamento comune  e che si verifica di frequente tra genitori separati o divorziati, ma il comportamento di chi invia messaggi minacciosi sul cellulare del coniuge chiedendo di rinunciare alla casa è considerato reato. È sostanzialmente questo il principio stabilito dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 38559/14, depositata oggi dalla sezione feriale penale. Nel caso in questione la sezione penale della Suprema Corte boccia il ricorso di un imputato, condannato dalla Corte d'appello di Milano a scontare la pena di giustizia per il reato di tentata estorsione e ingiuria ai danni della coniuge, perché con una serie di messaggi inviati al cellulare della donna chiedeva di rinunciare alla casa coniugale.

Depositato in Cassazione, il ricorso è respinto dagli "ermellini". A nulla rileva il fatto della presunta inutilizzabilità dei messaggi, a giudizio dell'imputato, operata dalla persona offesa e non dalla compagnia telefonica. I giudici di merito hanno, come rileva la Corte suprema, hanno fondato «l'affermazione di responsabilità dell'imputato sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, valutandone positivamente l'attendibilità, pur in mancanza di una trascrizione completa di tutti i messaggi in entrata e in uscita dall'utenza della donna, che, ove espletata, avrebbe fornito oggettivo riscontro alle dichiarazioni della donna in ordine agli sms che le erano stati inviati dal marito».

Ma v'è di più: «il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona e quello di estorsione si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per l'elemento intenzionale che, qualunque sia stata l'intensità e la gravità della violenza o della minaccia, integra la fattispecie estorsiva soltanto quando abbia di mira l'attuazione di una pretesa non tutelabile davanti all'autorità giudiziaria: nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia».

Nella fattispecie, la Corte territoriale esclude che l'imputato abbia agito nella convinzione in buona fede di avere diritto a quanto richiesto, ma ha utilizzato «la rivendicazione formale allo scopo distruggere moralmente e psicologicamente la vittima, deducendo l'elemento intenzionale dal tenore di uno specifico messaggio e dalla circostanza che egli rimase contumace nel giudizio di divorzio, in tal modo manifestando che il suo unico scopo era terrorizzare la moglie». Non resta che pagare, anche le spese del procedimento.


CPO Veneto/modifiche legge elettorale regionale: il Consiglio introduca DOPPIA PREFERENZA DI GENERE, in linea con Regioni all'avanguardia


 MODIFICHE ALLA LEGGE ELETTORALE REGIONALE

La Commissione Pari opportunità esorta il Consiglio regionale:
«Sì all'introduzione della doppia preferenza di genere: il Veneto garantisca
la rappresentanza femminile, in linea con altre Regioni italiane all'avanguardia». 


Venezia, 19 settembre 2014 – In attesa che in Consiglio regionale si apra il dibattito sulle proposte di modifica alla legge elettorale regionale (n. 5 del 16 gennaio 2012) avanzate nei mesi scorsi dalla Giunta e da alcuni consiglieri, la Commissione Pari opportunità del Veneto sente la necessità di riportare all'attenzione dell'opinione pubblica e della politica l'urgenza del tema della rappresentanza di genere.

In linea con il dibattito nazionale sulla garanzia di una maggiore presenza femminile nelle istituzioni locali - un dibattito che vede impegnate in prima fila anche le Commissioni Pari opportunità di altre regioni italiane, dalla Liguria alla Calabria -, il Veneto deve saper cogliere questa circostanza favorevole per dare un segnale chiaro di cambiamento e di netta discontinuità col passato, offrendo ai cittadini veneti nuove opportunità di scelta: per l'elezione dei consiglieri regionali sia introdotta la possibilità di due preferenze (oggi ne è prevista solo una) con l'obbligo dell'alternanza di genere, ossia di indicare candidati di sesso diverso qualora si scegliesse di esprimere il proprio voto per due persone.

Alcune Regioni, come ad esempio l'Emilia Romagna e la Toscana (che rinnoveranno prossimamente i loro organi come il Veneto), sono giunte proprio di recente all'approvazione della doppia preferenza di genere nella propria legge elettorale regionale, mentre la Campania, apripista, si è dotata di questo sistema già nel 2009.

La legge elettorale regionale in vigore per il Veneto contiene già l'obbligo della presenza femminile al 50% nelle liste elettorali provinciali, pena altrimenti l'inammissibilità della lista. Ma per allinearsi maggiormente alla legge nazionale 23 novembre 2012, n. 215, che detta le "Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali", si richiedono ora step ulteriori: l'introduzione della doppia preferenza di genere anche per le elezioni regionali seguirebbe coerentemente quanto già previsto per le amministrative dei Comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti.

«Il cammino verso la parità di genere per godere della piena cittadinanza politica, purtroppo, appare ancora lungo – afferma Simonetta Tregnago, presidente della Commissione regionale Pari opportunità – e a testimonianza di ciò basta guardare ai numeri delle elette nelle istituzioni che non si sono ancora dotate di leggi elettorali che garantiscano la parità di genere. Bisogna agire a livello politico, sociale e culturale ma anche a un livello operativo, facendo fronte al ritardo con misure concrete. La politica deve colmare la sua distanza nei confronti della società: lì fuori il mondo dell'impresa, del lavoro, della cultura e del sociale, offrono ogni giorno conferma di quanto sia strategico il ruolo della donna nel cambiamento della  società».

Ad oggi nella nostra Regione siedono in Consiglio tre sole donne (di cui due assessori, gli unici di genere femminile in Giunta) su un totale di circa sessanta componenti: «Si tocca appena la soglia del 5% (a fronte di una media nazionale del 14,4%), che certo non basta a garantire il diritto costituzionale di uguaglianza e parità – sottolinea ancora la presidente –. Chiediamo quindi che anche nella Giunta, e non solo nel Consiglio, sia previsto un riequilibrio di presenze tra i sessi».

Le fanno eco le vicepresidenti Cpo Cristina Greggio e Daniela Rader, che aggiungono: «Siamo alla terza elezione dopo la promulgazione della legge 215 e i primi risultati – in termini di numeri, ma anche di nuova cultura –, sono già tangibili. Una legge che nasce da un lavoro di collaborazione e confronto parlamentare tra i diversi schieramenti politici, ma è anche il frutto del dibattito e dell'apporto degli organismi di parità e di tante associazioni e reti femminili. Perciò è un percorso che dobbiamo avere la responsabilità e il coraggio di continuare sui territori, a partire dal nostro». «Il Veneto – aggiungono – deve con urgenza accelerare i percorsi di riequilibrio della rappresentanza di genere, e non solo per questione di democraticità: sono, infatti, percorsi che vedono nelle regioni innovative e produttive del nostro Paese risultati di cambiamento significativi, così necessari in questi tempi di crisi: perché le donne inserite nei processi decisionali modificano e migliorano gli approcci e i metodi nel modo di fare amministrazione e politica, apportando competenze, determinazione e pragmatismo».



Lotta alla povertà: dalla Slovacchia l'idea di una nuova legge che consentirebbe ai commercianti al dettaglio di detrarre l’Iva sul cibo donato

Milioni di cittadini in Europa non riescono a sbarcare il lunario, mentre migliaia e migliaia sono costretti a vivere di elemosine e a mangiare alle mense offerte da associazioni di volontariato o dalle confessioni religiose e così dalla Slovacchia parte un'idea che ha del clamoroso per la portata innovativa nella lotta alla povertà.

Risulta, infatti, in discussione presso il Parlamento del paese dell'Europa centrale, un nuovo emendamento alla legge relativa alle imposte sul reddito che incentiverebbe i dettaglianti alimentari a donare ai bisognosi il cibo che è vicino alla scadenza che comporterebbe un beneficio in termini di detrazione dell'Iva sugli alimenti donati. Unico vincolo: il commerciante deve dimostrare di aver prima offerto nei loro negozi a prezzo scontato i beni donati.

In Slovacchia da tempo agli operatori del settore alimentare è consentito donare i prodotti al Banco Alimentare della Slovacchia (PBS-Potravinova Banka Slovenska, o.z.), una associazione non profit che fa capo alla rete internazionale "Banco alimentare" e che distribuisce le derrate agli enti di beneficenza. A tale prassi di liberalità non corrisponde però alcun beneficio se non quello di aver fatto un atto di magnanimità, e l'odiosa imposta sul valore aggiunto – che in Slovacchia si attesta all'incredibile percentuale del 20% anche sui prodotti alimentari – rimane tutta carico delle aziende con gravissime ricadute sui costi specie per gli esercizi più piccoli.

La notizia che ha avuto ampio risalto ed è stata riportata sul quotidiano Pravda, che ha dettagliato dell'iniziativa con le parole del Segretario di Stato del Ministero delle Finanze Radko Kuruc il quale ha spiegato che si tratta di una situazione "win-win": i negozianti donano ai poveri il cibo che verrebbe comunque buttato, e si avvantaggiano con lo sconto dell'Iva. Questo permette di non sprecare inutilmente del cibo prezioso, e allo stesso tempo consentirebbe ai cittadini in difficoltà di ricevere un contributo importante per andare avanti.La scelta del governo, ovviamente è stata accolta con grande favore dalle grandi catene della distribuzione associate nell'Alleanza slovacca del commercio moderno (Samo), cui aderiscono le note Billa, Kaufland, Tesco e Metro, nonostante non siano ancora disponibili cifre ufficiali sull'entità complessiva delle detrazione Iva anche se sono previste stime di tutto rispetto.

Anche il Banco Alimentare ha plaudito all'iniziativa che certamente incentiverà le donazioni nel prossimo futuro, quando tuttora l'organizzazione non riesce a soddisfare la richiesta globale di cibo da parte delle fasce più povere della popolazione locale.Insomma, si tratta di una scelta politica coraggiosa da parte delle istituzioni slovacche che correttamente dimostrano di prendere atto della grave situazione economica in cui versa il proprio paese e dovrebbe essere presa in seria considerazione anche in Italia, dove è ormai sotto gli occhi di tutti l'aumento crescente del numero di cittadini che non riescono più a sbarcare il lunario e sono costretti a rivolgersi ad associazioni umanitarie ed enti religiosi per affrontare la quotidianità.

giovedì 18 settembre 2014

Minori e disagio giovanile. Singolare sentenza: condannato a 300 km di marcia un minorenne della Val di Blenio

È la singolare pena inflitta dal Magistrato dei minorenni Reto Medici a un giovane autore di un reato piuttosto grave all'interno del suo nucleo familiare. Sotto la sorveglianza di un adulto, il minore dovrà percorrere a piedi dalla Valle di Blenio a Genova, per un totale di quasi 300 chilometri, al ritmo di 30 chilometri al giorno.

La sentenza, che risale ad alcuni anni fa, è stata raccontata dal Magistrato dei minorenni Reto Medici ieri durante il Congresso annuale della Società di diritto penale minorile (SSDPM), in svolgimento fino a venerdì a Lugano.

Il magistrato ha sottolineato come le sentenze comminate a minori siano in calo. Nel 2013 sono state 436, ovvero ben 130 in meno rispetto all'anno precedente. La sanzione più gettonata resta comunque quella dell'ammonimento, seguita dai lavori di pubblica utilità. Pene che quasi sempre funzionano: nell'80% dei casi, infatti, il minorenne coinvolto non sarà più condannato. Ancora meglio, capita non di rado che questi minori vengano poi assunti come apprendisti dal Comune in cui hanno svolto i lavori di pubblica utilità, se mostrano la giusta attitudine e senso di responsabilità.

Software preinstallato e indesiderato - ReLicense commenta la sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito con ufficialità che il software, anche quello che viene venduto precaricato, non è parte integrante del PC. E quindi, se non desiderato, deve essere rimosso ed il produttore è obbligato a rimborsare l'acquirente del costo sostenuto per il sistema operativo.

Questa sentenza fa il paio con quella della Corte di Giustizia Europea del 3 luglio 2012 che ha stabilito la liceità della rivendita delle licenze aziendali, tipicamente vendute in blocco, da un'azienda che non ne ha più necessità ad altre realtà che invece ne hanno bisogno.

Se l'acquirente singolo ha la sola possibilità di rifarsi sul produttore chiedendo il rimborso del costo sostenuto per il cosiddetto OEM, l'acquirente aziendale può invece farle fruttare immettendole sul mercato del software usato e incassando quindi un importo in denaro.

A fronte di questo incasso, inoltre, consentirà ad altre realtà aziendali di accedere a licenze genuine a costi più bassi anche del 70% rispetto a quelle nuove.

Anche se ancora relativamente poco nota in alcuni mercati, quella della compravendita del software di seconda mano è una pratica perfettamente legale, come ha stabilito la suddetta Sentenza della Corte Europea di Giustizia del 3 luglio 2012.

In particolare, in un momento in cui i budget aziendali sono spesso limitati, vendere licenze software non utilizzate può offrire alle imprese uno strumento in più per finanziare la crescita e supportare le proprie attività quotidiane. Alla base di tutto è fondamentale avviare un auditing interno, teso all'identificazione delle licenze software presenti – nuove o meno recenti - e del loro effettivo utilizzo, per poi intraprendere un processo destinato a monetizzare queste risorse, con vantaggi economici e gestionali non indifferenti.

Anche la conformità alle norme è garantita: la cessione delle licenze avviene solo dopo la verifica della piena titolarità del diritto d'uso in capo al primo acquirente.

Alcuni analisti stimano in oltre 1 miliardo di Euro il valore complessivo di licenze software comprate ma non utilizzate dalle aziende europee; parlando specificatamente dell'Italia questa sentenza potrebbe dare una spinta a conoscere e approfondire il mercato del software di seconda mano nel nostro Paese, con tutte le opportunità che ne derivano e che ad oggi non sono sfruttate appieno dal settore IT.

Corrado Farina, Country Manager Italia, ReLicense


mercoledì 17 settembre 2014

SCUOLA – Tar Lazio boccia la riduzione superiori a 4 anni, aveva ragione l’Anief



nlogoanief

Secondo i giudici amministrativi i motivi di finanza pubblica non possono sovrastare il diritto allo studio.

 

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): il Miur la smetta di combattere la dispersione scolastica adottando impossibili sperimentazioni di cancellazione del tempo scuola. Quel che serve è, piuttosto, elevare l'obbligo scolastico a 18 anni e investire nell'alternanza scuola-lavoro.

 

La riduzione di un anno della scuola superiore è illegittima: la censura arriva dalla Sezione Terza Bis del Tar Lazio che il 16 settembre ha emesso una sentenza che cancella la sperimentazione introdotta dall'amministrazione scolastica con i decreti del Miur n. 902 e 904 del 5 novembre 2013, sottoscritti dall'ex Ministro Maria Chiara Carrozza, introdotti per favorire la cancellazione del quinto anno di corso nel Liceo  Ginnasio  Statale  "Quinto  Orazio  Flacco"  di  Bari,  nell'ISS  "Ettore Maiorana"  di  Brindisi,  nell'ITE  "Enrico  Tosi"  di  Busto  Arsizio  e  nell'I.S  "Carlo  Anti"  di  Verona. Di conseguenza, vengono censurate anche le disposizioni analoghe approvate in precedenza dall'ex Ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini.

 

I giudici hanno appurato una palese violazione, tra gli altri, degli articoli 8 e 11 del D.P.R. 275 dell'8 marzo 1999, del D.M. n. 88 e 89 del 7 ottobre 2010, nonché dell'art. 64 della Legge 133 del 2010. E hanno ravvisato il mancato parere del Cnpi, che rimane cogente, sebbene una norma della riforma della Pubblica Amministrazione lo abbia superato.

 

"Sulla cancellazione di un anno della scuola superiore – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il nostro sindacato si è sempre espresso con motivi di ferma opposizione: quello di cancellare un anno di scuola non contiene infatti nessun presupposto pedagogico e didattico, se non la palese volontà di eliminare 40mila posti di lavoro e alleggerire, di conseguenza, la spesa pubblica a danno dell'utenza scolastica".

 

Anief ha più volte spiegato che la riduzione dell'offerta formativa e del tempo scuola non farebbe che acuire il problema degli abbandoni scolastici, con Sicilia, Campania, Calabria e Puglia dove vi sono aree con il 45% di studenti che non arrivano al diploma.

 

"Piuttosto che avventurarsi su percorsi impossibili e poco efficaci nel tentare di ridurre la dispersione scolastica – continua Pacifico –, il Miur farebbe bene a combattere il crescente fenomeno degli oltre 700mila Neet tra 15 e 25 anni con due 'mosse': introducendo l'elevazione dell'obbligo formativo a 18 anni, collegare questa novità, già voluta nel 1999 dall'ex Ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer, con una seria riforma dell'alternanza scuola-lavoro".

 

 

Per approfondimenti:

 

Risposta del sottosegretario all'Istruzione Angela D'Onghia all'interrogazione dell'on. Gianluca Vacca sulla riduzione di un anno del percorso formativo quinquennale della scuola secondaria di secondo grado (allegato 5)

 

Record abbandoni e neet, serve riforma: primaria a 5 anni e obbligo fino a 18

 

E li chiamano Neet: dossier Anief-Confedir sull'evoluzione del quadro formativo e occupazionale dell'ultimo decennio

 

Il Miur insiste con le superiori ridotte a 4 anni: da settembre via libera ad altri 5 istituti

 

 

17 settembre 2014                                

Disclaimer

Protected by Copyscape


Il CorrieredelWeb.it è un periodico telematico nato sul finire dell’Anno Duemila su iniziativa di Andrea Pietrarota, sociologo della comunicazione, public reporter e giornalista pubblicista, insignito dell’onorificenza del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana.

Il magazine non ha fini di lucro e i contenuti vengono prodotti al di fuori delle tradizionali Industrie dell'Editoria o dell'Intrattenimento, coinvolgendo ogni settore della Società dell'Informazione, fino a giungere agli stessi utilizzatori di Internet, che così divengono contemporaneamente produttori e fruitori delle informazioni diffuse in Rete.

Da qui l’ambizione ad essere una piena espressione dell'Art. 21 della Costituzione Italiana.

Il CorrieredelWeb.it oggi è un allegato della Testata Registrata AlternativaSostenibile.it iscritta al n. 1088 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 15/04/2011 (Direttore Responsabile: Andrea Pietrarota).

Tuttavia, non avendo una periodicità predefinita non è da considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 07/03/2001.

L’autore non ha alcuna responsabilità per quanto riguarda qualità e correttezza dei contenuti inseriti da terze persone, ma si riserva la facoltà di rimuovere prontamente contenuti protetti da copyright o ritenuti offensivi, lesivi o contrari al buon costume.

Le immagini e foto pubblicate sono in larga parte strettamente collegate agli argomenti e alle istituzioni o imprese di cui si scrive.

Alcune fotografie possono provenire da Internet, e quindi essere state valutate di pubblico dominio.

Eventuali detentori di diritti d'autore non avranno che da segnalarlo via email alla redazione, che provvederà all'immediata rimozione oppure alla citazione della fonte, a seconda di quanto richiesto.

Per contattare la redazione basta scrivere un messaggio nell'apposito modulo di contatto, posizionato in fondo a questa pagina.

Modulo di contatto

Nome

Email *

Messaggio *