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giovedì 7 settembre 2023

Il Codice rosso è legge. Avv. Ruggiero: “Un passo avanti importante, ma il problema va affrontato alla radice”

Il Codice rosso è legge. Avv. Ruggiero: "Un passo avanti importante, ma il problema va affrontato alla radice"

Per l'avvocato esperto in diritto di famiglia servono più personale per velocizzare l'iter e maggiori tutele per le vittime.

 

 

La Camera ha approvato la cosiddetta legge Codice rosso contro la violenza sulle donne, che introduce nuovi reati, pene più severe e maggiori tutele per le vittime, alle quali è riservata una "corsia privilegiata" nella gestione degli allarmi.

 

Con l'entrata in vigore del Codice rosso si introduce anche un'ulteriore ipotesi di avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore Generale presso la Corte d' appello, se il Pubblico Ministero non ha la possibilità di sentire la vittima entro 3 giorni dalla denuncia.

 

Per l'Avvocato Valentina Ruggiero, esperta in diritto di famiglia, da sempre al fianco delle donne vittime di violenza, è un passo avanti importante, ma la strada da percorrere è ancora lunga.

 

"La cosa positiva è che, finalmente, si sta prestando sempre maggiore attenzione alla tutela delle donne offese nell'ambito di questi reati che, purtroppo, non si riesce ad arginare. – Commenta l'Avvocato Ruggiero Con il Codice rosso si introduce un controllo superiore e si velocizzano le indagini. Auspico che queste novità abbiano un impatto positivo e decisivo, affinché chi denuncia possa sentirsi al sicuro sin dal primo momento in cui si rivolge alle Forze dell'ordine".

 

Sebbene, dunque, il Codice rosso rappresenti una novità importante per tutte le donne vittime di violenza e, ci si augura, uno strumento utile alla prevenzione dei femminicidi, c'è ancora molto da fare.

 

"Se vogliamo sperare di ridurre davvero questo tipo di reati, il problema deve affrontarsi alla radice. – Aggiunge l'Avvocato Ruggiero – I tempi dilatati della giustizia, la carenza di personale operante all'interno dei tribunali, e l'assenza di garanzie per le persone offese. Il riscontro alle denunce deve essere immediato e incisivo. Solo in questo modo possiamo davvero ridurre episodi di questo tipo, e cercare di prevenire ulteriori femminicidi".




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venerdì 17 marzo 2023

Moige su ddl riforma fiscale: imenticati quoziente familiare e detassazione del reddito

Moige su ddl riforma fiscale: genitori preoccupati, dimenticati quoziente familiare e detassazione del reddito per il sostentamento dei figli 

Il MOIGE chiede detassazione del reddito per mantenere i figli. Famiglie ancora penalizzate economicamente. Urgente la modifica in Parlamento

 

È stata approvata ieri la nuova riforma fiscale, con tante novità interessanti e significative. Purtroppo, tra i principi cardine è assente una sezione dedicata alla fiscalità familiare. Troppo poco il solo riferimento nell'articolo 5 c1 lett. a, che prevede "il riordino delle deduzione dalla base imponibile, dagli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta, delle detrazioni dall'imposta lorda e dei crediti d'imposta tenendo conto delle loro finalità, con particolare riguardo alla composizione del nucleo familiare".

 

Introdurre, finalmente, il quoziente familiare permetterebbe di calcolare l'aliquota d'imposta adeguatamente alla reale capacità contributiva di ogni famiglia, secondo un principio di equità sia verticale (l'imposta cresce insieme al reddito effettivamente percepito), sia orizzontale (sicché, a parità di reddito, l'imposta decresce progressivamente all'aumentare dei componenti).

 

"Ottimo l'obiettivo di ridurre le aliquote ed arrivare ad una tassazione complessivamente più sostenibile, ma dalla riforma fiscale, emerge l'assenza della volontà di adottare un sistema basato sul reddito familiare, che, quindi, tenga conto di eventuali figli, continuando a mantenere l'attuale regime di tassazione su base individuale. – Commenta Antonio Affinita, Direttore Generale del MOIGE – Movimento Italiano Genitori Ci preoccupa l'assenza di capitoli dedicati al quoziente familiare, ed al principio costituzionale di sostenere le famiglie, attraverso la detassazione del reddito destinato al sostentamento e alla crescita dei figli a carico. Un aspetto che spaventa tutti i genitori, non solo chi vive in condizioni di povertà. Le famiglie continuano ad essere fiscalmente discriminate e svantaggiate in base al numero dei figli. Manca una vera e concreta detassazione dei minori a carico, basata sui costi reali di un minore. Questo porta un evidente crescita della povertà per chi fa figli, un fatto gravissimo, specie in un Paese fanalino di coda in Europa per natalità. Oggi fare figli significa diventare più poveri, si dovrebbe spezzare questa vergognosa correlazione. Urge in sede parlamentare, una immediata modifica al testo".

 



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lunedì 27 febbraio 2023

Autocoltivazione cannabis è lecita. Cassazione sprona per legalizzazione

Autocoltivazione cannabis è lecita. Cassazione sprona per legalizzazione


Accolto il ricorso di un giovane che coltivava cannabis nel giardino di casa. La Corte di appello di Napoli aveva già riformato parzialmente la sentenza di primo grado assolvendo l'imputato del reato di detenzione di sostanze stupefacenti.

La corte di Cassazione ha sentenziato per la prima volta che "non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte nel giardino di casa". Con la sentenza 8442/23 pubblicata il 24 febbraio 2023, la Corte ha accolto il ricorso di un auto-coltivatore di cannabis nel giardino della propria abitazione.
I giudici hanno ravvisato gli estremi dell'inoffensività della condotta a fronte del fatto che lo stesso coltivatore fosse un assuntore abituale, che non vi fossero elementi idonei a ritenere la produzione destinata anche alla cessione a terzi, che la coltivazione riguardava un numero limitato di piante e fosse svolta senza l'adozione di alcuna particolare tecnica atta ad ottenere un quantitativo apprezzabile di stupefacente.

Una sentenza che va in senso diametralmente opposto rispetto all'andazzo politico in vigore soprattutto da quando si è insediato il nuovo governo che, un giorno sì e l'altro pure, ci ricorda che non ha nessuna intenzione di legalizzare la cannabis. Andazzo politico che, per esempio, in occasione della recente fiera Canapa Mundi ha visto la presenza di polizia e cani antidroga tutti i giorni a tutte le ore, nonostante i prodotti in fiera fossero legittimi così come gli operatori presenti (2).

Purtroppo non crediamo che questa sentenza, per quanto autorevole sia, possa scalfire le granitiche certezze del legislatore, ma riveste una importanza per l'ampio movimento di legalizzazione della cannabis: oltre il buon senso anche la legge si esprime per forme di liceità che non contrastano non le leggi, anche se queste ultime non sono esplicite per la legalizzazione. Uno sprone per continuare e incrementare la battaglia per il superamento del proibizionismo.

1 - https://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20230224/snpen@s60@a2023@n08442@tS.clean.pdf
2 - https://www.aduc.it/notizia/fiera+canapa+mundi+disturbata+dalle+forze+dell_139376.php

Vincenzo  Donvito Maxia - presidente Aduc

mercoledì 22 settembre 2021

IL RITARDO SUL DIRITTO ALL'OBLIO APPLICATO AL WEB

IL RITARDO SUL DIRITTO ALL'OBLIO APPLICATO AL WEB

Ealixir "serve un controllo e una regolamentazione dettagliata"

 

Milano, 21 settembre 2021 – È del lontano 2014 la sentenza della Corte di Giustizia Europea in tema di diritto all'oblio applicato al web; mentre in Europa del tema si discute da anni, da noi non c'è stato un vero dibattito, fatto salvo alcuni accenni a proposito della discussa riforma Cartabia. Attualmente la possibilità di "cancellare" articoli sul web rischia di essere lasciata alla discrezione di un impiegato di Google. 

 

In un'epoca digitale in cui le ricerche online sono ormai di prassi non appena si conosce una persona è fondamentale una regolamentazione univoca sulla possibilità di cancellare dal web contenuti e link inesatti o non più attuali.

Il diritto all'oblio applicato al web, presentato da alcuni giornali italiani come un fatto "nuovo", è stato sancito dall'Unione Europea parecchio tempo fa, e viene già utilizzato da anni, come uno strumento assolutamente normale.

 

"Alla riforma Cartabia, possiamo attribuire il merito di aver finalmente introdotto per la prima volta il diritto all'oblio nel dibattito pubblico – spiega Enea Trevisan Ceo e founder di Ealixir Inc. - ma il discorso è attualmente ancora troppo parziale e incompleto: il punto centrale, non ancora affrontato, è cosa bisogna fare nei confronti del colpevole  e non dell'innocente, e soprattutto quale dev'essere il rapporto degli individui con il proprio passato, in quale misura gli individui hanno il diritto di rifarsi una vita una volta saldato il loro debito con la Giustizia".

Una questione anch'essa molto discussa riguarda quanto il diritto all'oblio limiti la libertà di stampa "Il diritto all'oblio non limita in alcun modo la libertà di stampa. – prosegue Trevisan - I media sono liberi di informare e di scrivere ogni fatto relativo a qualunque individuo del mondo. Tuttavia, passata l'attualità di una notizia, ovvero quando la notizia stessa non costituisce più motivo di interesse pubblico, il diritto all'oblio sancisce il diritto dell'individuo oggetto della notizia – che non ricopre una carica pubblica - a tutelare la propria privacy, impedendo che quella stessa notizia lo perseguiti a vita". 



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giovedì 3 giugno 2021

Smart working. Diritto alla disconnessione

Smart working. Diritto alla disconnessione


Il diritto di disconnessione può essere definito un "nuovo diritto" poiché si tratta del diritto riconosciuto ai dipendenti che lavorano in smart working di disconnettersi dal lavoro e di non ricevere o rispondere ad e-mail, chiamate o messaggi al di fuori del normale orario di lavoro.

Cosa si vuole garantire col diritto alla disconnessione?
Si intende stabilire dei limiti ben individuati alle comunicazioni a qualsiasi titolo legate al lavoro al di fuori di quello che sarebbe stato il normale orario di ufficio se non fosse stato imposto, o anche scelto, lo smart working.
Con tale diritto, inoltre, si vuole anche evitare che il lavoratore subisca contestazioni, non necessariamente disciplinari, per non essere stati connessi o che si possano istituire dei premi per essere rimasti collegati anche se non esisteva un vero e proprio obbligo.

Dove nasce il diritto alla disconnessione?
Il primo Stato europeo ad aver cercato di disciplinare il diritto alla disconnessione è stata la Francia  con la Loi n. 2016-1088 dell'8 Agosto 2016 che ha modificato l'art. 2242-8 del Code du Travail.
Al comma 7 del predetto articolo è stato sancito l'obbligo per le aziende aventi oltre 50 dipendenti di prevedere il diritto alla disconnessione nel contratto collettivo aziendale.

Quale norma prevede il diritto di disconnessione?
La norma di riferimento è la Legge 81/2017 ovvero la c.d. Legge sullo smart working.
A tal proposito il comma 1 dell'articolo 19 della Legge 81/2017, seppur senza fornire una definizione giuridica, dispone che "(…) l'accordo individui tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro".
In parole più semplici occorre che il tempo libero venga definito in contratto.
Tale previsione, tuttavia, è stata reiteratamente violata tanto che per accedere a tale modalità lavorativa è richiesto sovente il requisito dell'alta reperibilità.

Qual è la posizione del Garante della Privacy?
Nell'audizione del 13 Maggio 2020, ovvero in piena pandemia quando lo smart working ha avuto la sua massima diffusione, il Garante ha affermato la necessità di garantire, con più dettagliate tutele, il diritto al tempo libero del lavoratore al fine di evitare che vengano meno quelle tutele che lo Statuto dei Lavoratori garantisce a chi lavora in ufficio.
Il Garante, inoltre, sottolinea la necessità di prevenire gli eccessi nell'utilizzo del potere di controllo da parte del datore di lavoro.

Qual è la posizione del Parlamento Europeo?
Con la relazione di studio del 2019 il Parlamento Europeo aveva già avviato uno studio approfondito sul diritto alla disconnessione.
Nella Risoluzione del 21 Gennaio 2021, il Parlamento evidenzia i fattori di rischio di una connessione digitale prolungata:  "L'utilizzo di strumenti digitali per periodi prolungati potrebbe determinare una riduzione della concentrazione e un sovraccarico cognitivo ed emotivo"; "operazioni monotone e ripetitive e una postura statica per lunghi periodi di tempo possono causare tensioni muscolari e disturbi muscolo-scheletrici". "L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato la radiazione a radio frequenza come una possibile causa di effetti cancerogeni", "le donne incinte posso essere particolarmente a rischio in caso di esposizione a radiazioni a radio frequenza".

Qual è la posizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità?
Come dedotto in precedenza, lo smart working è stato utilizzato in maniera estremamente diffusa nel corso della pandemia. Questo ha dato la possibilità di studiare il fenomeno su ampia scala e soprattutto anche in paesi ove la tutela era totalmente assente.
Quello che è emerso su scala mondiale è stato l'aumento dei disturbi legati alla privazione del sonno, all'eccessivo isolamento dei lavoratori, all'esaurimento emotivo e all'ansia, tutti legati al prolungato tempo di connessione digitale e conseguentemente la necessità di disciplinare in maniera uniforme il diritto alla disconnessione.

E' ipotizzabile un quadro normativo europeo?
Precisato che per la legislazione europea e per la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, i lavoratori non sono tenuti a fornire ai datori di lavoro una disponibilità costante e senza interruzioni, manca una legislazione uniforme nei singoli Stati dell'Unione.
Il Parlamento chiede, tuttavia, l'emanazione di una Legge europea e, pertanto, ha incaricato la Commissione di elaborare una direttiva sul diritto alla disconnessione, che tenga conto delle misure individuate dalle parti sociali, per stabilire i requisiti minimi del lavoro a distanza.
Dovranno, quindi, essere individuate  chiaramente le condizioni di lavoro, tra cui la fornitura, l'utilizzo e la responsabilità delle attrezzature, dovrà essere garantito che il telelavoro sia frutto di una scelta volontaria e dovrà essere assicurato che i diritti, il carico di lavoro e le norme sulla prestazione dei telelavoratori siano equivalenti a quelli degli altri lavoratori.
La nuova direttiva dovrà, inoltre,  assicurare il rispetto del diritto alle ferie retribuite (direttive 2003/88/CE), l'equilibrio tra vita lavorativa e familiare per i genitori e coloro che prestano assistenza alle persone fragili (2019/1158), la salute e la sicurezza dei lavoratori (direttiva 89/391/CEE ) con particolare riferimento alle ore lavorative massime e ai periodi di riposo minimi.

Sara Astorino, legale, consulente Aduc
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori


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lunedì 31 maggio 2021

Influencer e pubblicità. Dall’Antitrust alla consapevolezza del consumatore

Influencer e pubblicità. Dall'Antitrust alla consapevolezza del consumatore

L'Antitrust ha avviato un'attività istruttoria contro un'azienda che, tramite tre influencer, avrebbe fatto pubblicità ingannevole (1). Aspetteremo i risultati. Occasione per fare uno squarcio su un mondo particolare che arriva a condizionare molta parte della nostra vita.
Vengono in mente alcuni recenti episodi come quello dl concerto dl primo maggio a Roma e le polemiche/accuse tra l'artista Fedez e la Rai (2). Dove, al di là della ragione o del torto di questo artista nei suoi rapporti con la Rai, va osservato/considerato il messaggio globale che ci è arrivato: un mix tra parole contro l'omofobia e pubblicità di cui siamo più o meno consapevoli.

Niente contro la pubblicità ma, come anche dice l'Antirust nell'avvio della sua istruttoria di oggi, occorre la consapevolezza da parte del consumatore di trovarsi di fronte ad un messaggio che lo invita ad esser tale. Nella fattispecie di Fedez, tanto si è scritto sul cappellino che portava al concerto con il logo di un'azienda multinazionale. Niente di diverso, per esempio, rispetto ad una partita di calcio in cui i giocatori hanno sulle magliette il logo del proprio sponsor. In entrambi i casi l'attenzione sull'artista e calciatore non è solo sulla sua performance ma anche sul suo abbigliamento, che fa un tutt'uno con la memorizzazione del personaggio e delle sue gesta.
Tutte cose note nel mondo pubblicitario. La domanda è: noi consumatori ne siamo consapevoli quando poi, per esempio, scegliamo un capo d'abbigliamento o prenotiamo un volo aereo? Il comportamento indotto e condizionato che ne deriva nel nostro quotidiano, è relativamente proporzionato al business delle aziende sponsor. E difficilmente, noi consumatori, sapremo di aver scelto per necessità o tendenza generale (la moda).

Ecco, quindi, l'importanza dell'Antitrust quando, nell'aprire al propria istruttoria di oggi, pone la necessità di messaggi pubblicitari che siano individuabili in quanto tali. Ma da qui alla nostra consapevolezza di scegliere non seguendo solo il riflesso condizionato… c'è molta strada da fare.
Ci domandiamo quanto di questi comportamenti e di questo marketing siano materia di studio e attenzione scolastica.


1 - https://www.aduc.it/notizia/influencer+antitrust+condanna+pubblicita+occulta_137995.php
2 - https://www.aduc.it/comunicato/rai+fedez+censura+aria+fritta+dei+pro+contro+no+all_32593.php


Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Associazione per i diritti degli utenti e consumatori


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domenica 30 maggio 2021

Widiba: canone sui conti, ma trattamento dei depositi vincolati non legittimo… ed occhio alla widipec

Widiba: canone sui conti, ma trattamento dei depositi vincolati non legittimo… ed occhio alla widipec

Come tanti altri istituti che nell'ambito dei prodotti offerti prevedevano conti correnti senza spese, la lunga epoca dei tassi monetari sottozero vede anche Banca Widiba introdurre un canone, precisamente 7,50 euro trimestrali, a titolo di "spese fisse di liquidazione trimestrali".
I clienti stanno ricevendo la proposta unilaterale motivata di modifica del contratto con la specifica di poter esercitare la facoltà di recesso prevista dall'articolo 118 del Testo Unico Bancario. Fin qui tutto in regola, e rammentiamo che se non si intrattengono altri rapporti con Widiba interviene la risoluzione del contratto della casella di posta elettronica certificata widipec, di cui occorre quindi estrarre l'archivio integrale. A tal proposito, per non dover procedere manualmente uno ad uno, la soluzione è quella di configurare un client di posta elettronica e scaricarli tramite protocollo IMAP.

La cose non appaiono invece corrette riguardo i conti vincolati. I clienti che domandano informazioni al call center si sentono rispondere che, in caso di recesso, il loro rapporto non beneficerà del tasso previsto a causa dell'estinzione anticipata del vincolo. Ciò è errato.
Lo stesso articolo 118 del T.U.B. dispone che "La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate".
E' pertanto logico che il rapporto vincolato debba essere regolato alle precedenti condizioni. Non ha senso, in questo caso, parlare di estinzione anticipata perché questa non è una libera scelta del cliente bensì una conseguenza della facoltà di recesso prevista dalla legge.

C'è un ulteriore aspetto da tenere in considerazione. Banca Widiba aveva effettuato una promozione con cui prevedeva un tasso annuo dell'1% per i vincoli a sei mesi per nuovi depositi entro lo scorso 5 maggio. Ebbene, la proposta di modifica unilaterale è datata 15 maggio! Chi mai avrebbe accettato di accendere un deposito vincolato sapendo che pochi giorni dopo avrebbe dovuto uscirne, e pure con una penalizzazione in termini di tasso di interessi?

A nostro modo di vedere, le lamentele dei clienti porteranno Banca Widiba a chiarire che i vincoli non saranno penalizzati, evitando un inutile contenzioso e peggio ancora un danno d'immagine non da poco. In caso contrario, i clienti potranno reclamare prima e poi rivolgersi all'Arbitro Bancario. Inoltre, potrà segnalare il tutto alla Banca d'Italia con un esposto. Ma siamo ragionevolmente sicuri che non ce ne sarà bisogno.

Un'annotazione a margine: analogo caso avvenne con CheBanca! nel luglio 2012. Sono trascorsi oramai nove anni, ma ancora ci si imbriglia in situazioni che si potrebbero perfettamente evitare semplicemente redigendo in maniera più dettagliata le comunicazioni.

Anna D'Antuono, legale, consulente Aduc
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